La macchina avanzava nel buio della notte. Pioveva, anzi cadeva nevischio. Nevischio misto a nebbia. Nebbia densa, da tagliare con un coltello.
Alessandro guidava con la pratica acquisita in vent’anni di travalicamenti di Appennini. I fari inquadravano un metro di strada. L’auto, dalla parte opposta, la scorgevi nel raggio massimo di due metri. Ma sapevi che l’altro sapeva come comportarsi, quindi seguivi le istruzioni del senso comune.
A bordo c’era la moglie ed il figlio di due anni. Il nevischio divenne neve. E dopo dieci minuti iniziò ad imbiancare la strada. La Ford Granada continuò la corsa allo stesso ritmo, ma lasciando due solchi di traccia per le auto successive.
“Ci giriamo?” disse la moglie ad Alessandro con tono perplesso.
“Qui è difficile….andiamo avanti per un altro po’, ma la vedo male.”
Il bambino dormiva.
L’auto iniziò qualche piccolo sbandamento, la gomme stavano perdendo aderenza. Alessandro dovette cedere. La macchina si fermò. C’era bufera.
“E adesso?” chiese la donna.
“Adesso dovrei mettere le catene. Ma sono dell’altra auto, non so se riesco ad adattarle. Dovrei scendere.”
Stavano a decidere il da farsi, quando comparve un’ombra di fianco al finestrino. Alessandro scorse un uomo che faceva gesto di voler parlare.
“Buonasera, avete bisogno di catene?”
“Veramente dovrei montare le mie. Se potete darmi una mano.”
“Certo, sono qui per questo. Però mettiamoci prima d’accordo sul prezzo. “
“Quanto volete?”
“Centomila.”
Nel 1981 centomila lire era una bella cifra. Circa duecento euro di oggi e un paio di catene costava ventimila lire.
“Ma è una prezzo assurdo!”
“Questo è signori. Io non sto in mezzo alla bufera per quattro soldi!”
“Ma lo fate di mestiere?”
“E certo. Io ed un mio amico che sta nei paraggi, quando vediamo che si mette male, usciamo sulla strada e mettiamo le catene.”
“Ma a questi prezzi le catene le mettete al collo!”
“Prendere o lasciare, amico. Che fai?”
“Esci dalla macchina, ci devo pensare.”
“Se decidi di metterle ci fai un fischio forte. Noi per centomila ti diamo le catene e te le montiamo.”
E l’uomo scomparve.
“E ora che facciamo? Questo mascalzone ci ricatta…..Ora ci provo da solo…se va male…dobbiamo cedere.”
Alessandro scese dall’auto e tirò fuori le sue catene ed il crick. Lo impiantò sotto l’auto e iniziò ad alzarla.
La neve gli aveva colorato di bianco il cappotto, il freddo perforava i guanti di lana, la luce della sua pila era fioca, ma riuscì a far circumnavigare le catene intorno alla gomma. E scoprì che purtroppo, per pochi centimetri, erano corte. Non riuscivano a congiungersi.
A quel punto rientrò in auto. “Devo chiamare quel delinquente e pagarlo. Non c’è niente da fare.”
Iniziò a gridare e tempo tre minuti l’uomo si presentò.
“Ho fatto nel frattempo un’altra auto. Ora facciamo questa. Ma……pagamento anticipato.” Poi con gesti veloci e metodici montò la prima delle sue catene. E le parti eccedenti vennero tagliate con una cesoia. Dopo tirò fuori la seconda. Ma mentre le montava, iniziò a rigurgitare, il suo respiro divenne affannoso. Allora Alessandro lo trascinò in auto.
“Vi sentite male?”
“Si. Questa è congestione.”
Alessandro uscì dall’auto, completò i due ultimi agganci, di semplice esecuzione, distaccò il crick e risalì.
“Ed ora che facciamo?”
“Portatemi da un medico.”
“Certo…….ma dovete darmi duecentomila lire, altrimenti vi lascio qua fuori!”
L’uomo con fatica e con una smorfia eloquente, tirò fuori un rotolo di banconote e le consegnò ad Alessandro, questi ne prese due da cento e restituì il rotolino. Accese l’auto e partì a fatica proseguendo nella bufera.
Giunse in un paese e chiese di un medico. Lasciò l’uomo ad un bravo cristiano che aveva riconosciuto il malato e disse di occuparsene lui.
Alessandro proseguì. Non avrebbe mai preso le sue centomilalire indietro, ma lo aveva fatto perché l’uomo le aveva chieste pur vedendo un bambino in auto.
Le altre centomila le buttò dal finestrino. Quelle le aveva prese per questione di punizione.
La moglie rimase perplessa. “Vedi cara, mio nonno un giorno mi disse che in alcuni casi la vendetta è una forma di moralità. Non so se aveva ragione. Chissà.”
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