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Rocky Marciano, il pugno d’acciaio che veniva dal Sud

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Chi più di Rocky Marciano, pugile leggendario degli Stati Uniti, è un italo-americano?

Papà Querino Marchechegiano arriva ad Ellisis Island, isolotto d’accoglienza di New York, all’età di 17 anni. Professione calzolaio, provenienza Ripa Teatina, Chieti.

Mamma Pasqualina Picciuto, arriva quattro anni dopo, nel 1916. Ha solo 15 anni e viene da San Bartolomeo in Galdo, Benevento.

Si può eludere l’uniformità genetica di due paesi appenninici? Rocky sarà stato statunitense, ma italiano nel fisico al 100%. Anzi, del Sud.

Quindi quei muscoli, quel torso d’acciaio, quella forza fisica, erano state forgiate da mille anni di asprezza della vita delle terre Meridionali. Il corpo di chi ha sofferto, ma è sopravvissuto.

Rocky Marciano, con il suo metro e settantotto, è stato uno dei più tarchiati campioni dei massimi. Un mondo di colossi, di giganti. Ma Rocky aveva un fisico che lo portava a sopportare colpi infernali, per lunghi round ed a prevalere per la sua straordinaria resistenza.

In un mach finì al tappeto per due volte, era sanguinante da più parti, aveva di fronte un vero campione, una leggenda, ma Rochy riuscì a vincere con un micidiale colpo a sorpresa sul finire dei 15 round.

Fu proprio questo incontro, come tanti altri similari, ad ispirare la saga dei Film di Rocky Balboa, interpretato da Sylvester Stallone.

Ma chi era Marciano?

Sportivamente un pugile rimasto imbattuto per tutta la sua carriera. Quarantanove vittorie su altrettanti incontri,  quarantatre per ko.

Umanamente un individuo cresciuto per le strade e che a sedici anni faceva il muratore. Qualche ordinaria rissa da strada o da locale, gli fece prendere coscienza del suo pugno d’acciaio. Un’esplosione di potenza che fece pensare a un

giovane da consegnare nei metri quadrati e delimitati di un ring.

Il suo scopritore fu tal Colombo, che lo segnalò a Weil, che lo indicò a Goldman, l’uomo giusto. Al suo fianco lavorava Angelo Dundee, l’inventore di Mohamed Alì

Mamma Pasqualina non voleva che combatesse e Rocky lo faceva di nascosto.

Esordisce nel 1947 a 24 anni, un pò tardino, ma pronto per Lee Epperson. Malcapitato, perchè. bersaglio di tre micidiali ganci. L’ultimo lo manda al tappeto. Il tutto in pochi round.

Inizia una serie di allenamenti estenuanti a cui non si sottrae, anzi. E nel ’48 vince il secondo incontro in soli 90 secondi.

I giornali iniziano a mettergli gli occhi addosso.

Al terzo incontro arriva il primo hulk. Quasi due metri, trenta incontri vinti, un pugile di fama.

Rocky va a terra due volte, si alza, riparte. Poi sferra un pugno micidiale che non dimenticherà più, tormentandolo per tutta la vita. Quel pugno fa perdere conoscenza a Virgo, l’avversario, che viene ricoveraro in ospedale d’urgenza.

Egli rimane tra la vita e la morte per tre lunghi giorni. Si risveglia ma non salirà mai più sul ring.

Rocky risente psicologicamente del dramma. Non sembra più lui. Si allena svogliatamente. Non era solo un picchiatore, ma un uomo di sport, con un’anima.

Riparte ed incontra La Starza. L’ennesimo cognome italiano. Come se la boxe statinitense fosse appannaggio della sofferenza da strada degli italiani. Quello con La Starza, pugile consumato al ring, fu l’unico incontro incerto di Marciano. Vinse ai punti. L’eco del dramma di Virgo si era manifestato.

Al trentottesimo incontro, ha per avversario il più grande pugile di tutti i tempi: Joe Luis.

Ma è un uomo al di la’ negli anni, con stenti alle spalle. Tornato pateticamente sul ring, perchè in bancarotta.

Louis è stato il mito di Rocky, lo era ancora, la sua foto campeggiava nella sua camera.

Il match finisce impietosamente, Rocky lo butta giù e corre nello spogliatoio di Joe. Versa qualche lacrima.

Ma finalmente arriva l’occasione di fregiarsi del medaglione di campione del mondo dei massimi.

C’e’ di fronte la classe di Walcott.

Marciano va a terra alla prima ripresa. Poi è bersaglio di colpi precisi, che lo mandano sotto nel punteggio. Troppo sotto. Ci sono i presupposti della prima sconfitta.

Ma alla tredicesima ripresa arriva inaspettatamente un colpo esplosivo. Rocky centra il volto di Walcott, devastandolo. Il match finisce. L’italiano -pugile per caso – è campione del mondo.

Poi arriva una roccia dal nome Ezzard Charles. Un picchiatore, un duro. Che colpisce Rocky più volte fino a rompergli una narice. C’e’ l’inizio di un’emoraggia. L’arbitro sta per sospendere l’incontro, ma Marciano lo intuisce e tira fuori la botta micidiale. E’ l’ottavo round. Charles è a terra. Non si alza più. Rocky vince.

L’ultimo incontro dell’italiano del Sud, si svolge davanti a settantamila persone. Ormai è lui la leggenda.

Di contro ha Archie Moore. Una serie interminabile di ko ai danni dell’avversario.

Come al solito Marciano soffre, cade alla seconda ripresa. All’ottavo il mach si conclude. Moore è a terra. Il ko gli tocca subirlo.

Sette mesi dopo, Marciano annuncia il ritiro. E’ il 1956. Ha 33 anni, è imbattuto. Ha il coraggio di dire no.

Ma ormai è ricco. Vive nel lusso. Passa il tempo a giocare a golf. La tv americana lo reclama. Viaggia. Va nella sua Ripa Teatina e nella sua San Bartolomeomeo in Galdo. Vede le radici che gli hanno forgiato quel fisico possente.

Poi l’ineluttabile.

La sua disponibilità economica lo porta a comprare un Cesna. Un aereo privato. Ed in una notte di fulmini e tempo da lupi, decolla con un pilota non proprio esperto. L’areo cade e finisce la vita di Marciano, che viene consegnata alla storia.

Era il 31 agosto del 1969. Il primo settembre avrebbe compiuto quarantasei anni.

Avrebbe.

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Published by
Gianvito Pizzi