- Si è aperto il dibattito sulla legittimità di un passaporto vaccinale
- Il nuovo pass UE sarebbe, invece, un “certificato verde” per facilitare la libera circolazione
- Il diritto alla privacy dei non vaccinati non subirebbe alcun pregiudizio
Trascorso un anno dall’esplosione della pandemia da Covid-19, l’inizio della campagna di immunizzazione di massa ha aperto il dibattito sui cosiddetti passaporti vaccinali.
In alcuni Paesi, come Israele, si pensa di riservare ai soggetti vaccinati l’accesso a certi luoghi (palestre, teatri, locali pubblici, ecc.) o la fruizione di determinati servizi (trasporto, benessere, tempo libero, ecc.). Ma soprattutto il pass vaccinale è stato oggetto di una specifica proposta formulata dalla Commissione europea, che merita alcune riflessioni.
Il passaporto, tradizionalmente, è un documento di identità, rilasciato da un governo nazionale, per l’ingresso o il transito in paesi stranieri. Il nuovo pass UE sarebbe, invece, un “certificato verde” volto a facilitare la libera circolazione all’interno dell’Unione europea.
La proposta
La proposta – che non è definitiva, ma dovrà essere al più presto approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio – intende offrire un quadro comune di riferimento a iniziative assunte, negli ultimi mesi, da singoli Stati o addirittura da Regioni, per evitare soluzioni eterogenee che finirebbero per ostacolare gli spostamenti dei cittadini europei.
Il documento sarà gratuito, disponibile in versione digitale e cartacea e la sua autenticità verrà garantita da un QR code, che conterrà le informazioni necessarie a identificare il titolare.
Tre alternative per viaggiare
Il pass offre tre alternative per viaggiare: 1) l’avvenuta vaccinazione; 2) la negatività a un tampone molecolare o rapido; 3) la guarigione dal virus dimostrata da un test sierologico. Questa scelta intende scongiurare una disparità di trattamento delle persone non ancora vaccinate, in uno scenario nel quale le dosi non sono disponibili per tutti coloro che desiderano essere immunizzati.
L’esigenza di prevenire discriminazioni è alla base di un’ulteriore regola: gli Stati potranno continuare ad applicare restrizioni ai viaggiatori, come la quarantena o l’esecuzione di test, che tuttavia dovranno essere omogenee per tutti coloro che posseggono un “certificato verde”.
In altri termini, la misura – che non è definitiva, perché destinata a cessare quando verrà dichiarata la fine della pandemia – non è un prerequisito della libertà di movimento, ma intende facilitare la circolazione di tutte le persone non contagiose e non soltanto di quelle vaccinate. Del resto nel diritto vigente, che conosce numerose ipotesi di vaccinazione obbligatoria o fortemente incentivata, non mancano esempi in cui dalla mancata vaccinazione si fanno discendere restrizioni e limitazioni, come il mancato accesso alle scuole dell’infanzia. E, a livello internazionale, esiste la cosiddetta “tessera gialla”, che è un certificato di vaccinazione, riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità, indispensabile per entrare in alcuni paesi in via di sviluppo.
Critiche sulla questione privacy
La proposta di un pass europeo ha suscitato alcune critiche che rilevano i rischi di violazioni della privacy. Di recente, il Garante italiano ha affermato che soltanto una norma legislativa offrirebbe un’adeguata base giuridica ai certificati vaccinali: in mancanza «l’utilizzo in qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati è da considerarsi illegittimo».
Queste preoccupazioni sembrano, però, infondate. Innanzi tutto, la privacy non può diventare una sorta di diritto tiranno, che pregiudica la realizzazione di diritti concorrenti altrettanto fondamentali, come la salute e la libertà di movimento, che costituiscono altresì interessi della collettività. Inoltre, la proposta della Commissione non impedisce la circolazione delle persone non vaccinate, delineando “tre vie” per viaggiare, tra le quali vi è l’esito negativo di un tampone. Ma soprattutto, il diritto alla privacy dei non vaccinati non subirebbe alcun pregiudizio, dal momento che con il “certificato verde” verrebbero trattati esclusivamente, previo consenso, i dati personali dei soggetti vaccinati.
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