In un Paese dove la musica è sempre più trattata come un prodotto commerciale, ha fatto scalpore e non poco l’episodio accaduto durante il Festival di Sanremo in cui Morgan e Bugo sono stati squalificati.
Il tutto è nato dalla serata dedicata alle cover in cui gli stessi Bugo e Morgan dovevano essere seguire “Canzone per te” di Sergio Endrigo ed in cui due artisti hanno avuto pochissime possibilità di provare con l’orchestra del Festival: i risultati li hanno visti tutti.
Ma sui social e in TV, la discussione è andata sullo scalpore generato da un episodio insolito nei 70 anni di Festival e si è tralasciato una delle questioni più importanti che Morgan stesso ha sottolineato: il rispetto per l’artista e per le sue opere.
Sì, perché Morgan non è nuovo a elevare la canzone italiana ad un’opera così come ha fatto il 10 luglio 2005 quando all’anfiteatro romano di Cagliari eseguì “Un giudice” di Fabrizio De Andrè e che Morgan stesso, vestendo la canzone di nuove sonorità, disse proprio la parola “opera” associandola alla musica italiana.
“Nella musica italiana non si fa più un’opera”, Morgan.
Morgan con i Bluvertigo insieme a Negrita, Marco Parente, Subsonica e tanti altri hanno tracciato una nuova strada per la nuova musica italiana tra gli anni ‘90 e il 2000 .
Se pensiamo che la musica è un mondo appartenente l’universo dell’arte, non dobbiamo rimanere scandalizzati se uno dei maggiori cultori e studiosi della musica come Marco Castoldi, in arte Morgan, difenda la musica la canzone e la paragoni ad un’opera: qualcosa che le Major e i grandi network hanno completamente dimenticato.
Pensiamo ad esempio ai Quintorigo che alla fine degli anni ‘90 riuscirono a dimostrare durante i Festival di Sanremo nel 1999 (Premio della critica “Mia Martini”) e nel 2001 (Premio della Giuria come “miglior arrangiamento”) cosa erano capaci di fare i talenti delle nuove generazioni.
La canzone, una volta era considerata un’opera d’arte, ma purtroppo negli anni chi ha continuato a considerare una canzone che rispettasse iil suo valore e la sua essenza, è stato emarginato per favorire una politica del commercio che ha impoverito non solo il mondo della musica italiana ma la cultura popolare stessa.
Piuttosto che parlare ancora di Morgan e Bugo ci dovremmo concentrare nel capire l’essenza della canzone e della musica e a domandarci oggettivamente se una canzone che ascoltiamo dalle più importanti radio rispetta l’essenza stessa dell’opera d’arte: si sfornano canzoni, ascoltiamo migliaia di canzoni l’anno ma non ne ricordiamo neanche una.
Ma ormai siamo il Paese con il livello d’attenzione più basso in Europa in cui si legge poco meno di un libro procapite ed in cui i programmi di cultura musicale sono messi in ombra dai produttori di derivati artistici come i talent.
Dovremmo infine chiederci se meritiamo ancora la cultura italiana della musica che ci ha resi famosi in tutto il mondo e se una canzone può entrare nelle vite influenzando la vita stessa, la nostra morale e la e la nostra etica.