- Sempre più usato il sistema dei click-day o delle code per ottenere incentivi
- Questa è l’abdicazione della Pubblica Amministrazione rispetto alle procedure di selezione
- Il contributo non è la “regalia del monarca” ma è uno strumento di politica industriale
Sembrava definitivamente tramontato quel tristissimo periodo dove, nei paesi del blocco comunista, si gestiva la scarsità di risorse con il sistema delle code.
In un vecchio articolo di Repubblica datato febbraio 1988 così scriveva il giornalista, riportando, per altro, il resoconto di un collega: “Per l’ acquisto di beni di consumo, la popolazione sovietica impiega 65 miliardi di uomo-ore l’ anno. Ciò senza tener conto del tempo che i cittadini impiegano per scoprire in quali negozi possono trovare ciò di cui hanno bisogno. E’ chiaro che di per sé l’ acquisto è un’ operazione abbastanza rapida. Ma il problema è quello delle code. Se vogliamo tradurre la cifra indicata in ore di lavoro, sarebbe come se 35 milioni di persone nel nostro paese lavorassero a tempo pieno facendo la coda”.
L’incubo delle code
Nel nuovo millennio, dopo che i regimi comunisti sono uno sbiadito ricordo, ecco che riappare l’incubo delle code Sovietiche, dove un rilevante numero di “potenziali acquirenti” si contende beni di consumo in quantità limitate dai rigidi sistemi di pianificazione economica.
Solo che, in questo caso, nel 2021, le risorse scarse sono quelle di natura finanziaria ed i potenziali acquirenti sono quello che resta del sistema produttivo italiano, devastato da 2 anni di crisi senza precedenti.
Quello che si profila, sempre con maggiore frequenza, è un sistema di assegnazione di incentivi finanziari attraverso il meccanismo del click o delle code, dove i candidati beneficiari sono chiamati a competere non attraverso le performances economiche e finanziarie ma, banalmente, mediante la velocità di trasmissione di un modulo. E se non ci sono i click day a governare le procedure ecco le code che gestiscono l’accesso alla procedura.
La P.A. abdica rispetto alle procedure di selezione
Questa è, in definitiva, l’abdicazione della Pubblica Amministrazione rispetto alle procedure di selezione. Non essendo in grado di mettere in piedi meccanismi atti a selezionare le aziende che possono meglio gestire i soldi dei contribuenti, decidono di non decidere, adottando misure casuali.
E noi, anche oggi, qui in attesa di poter compilare la domanda per l’accesso ai fondi per l’internazionalizzazione gestiti da SIMEST. Dalle 8 di stamattina in coda (mentre scrivo sono da poco passate le 18).
Che senso ha tutto questo? I soldi dei contribuenti, o meglio ancora, i soldi dei debiti contratti dai nostri figli, prossimi contribuenti europei, devono essere gestiti in questo modo?
Il contributo non è la “regalia del monarca” ma è uno strumento di politica industriale per incentivare le imprese che già fanno bene e sono già competitive sui mercati. Dovrebbe servire per compensare eventuali diseconomie di contesto o congiunturali (come in questo caso) non certo per alimentare riffe e sorteggi vari.
Anche perché con le “riffe” arrivano i manigoldi
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