Sconfortati e sul piede di guerra centinaia di lavoratori dello spettacolo e della musica lasciati fuori dagli aiuti del Governo e che non si vedono riconosciuti i tanti sacrifici nel mettere in piedi e promuovere manifestazioni, eventi, concerti e altro ancora.
I requisiti per accedere al “bonus” di 600 euro per i lavoratori intermittenti esclusi dal Decreto “Cura Italia” sono per lo più esilaranti visto che vengono richieste 30 giornate lavorative dal 1° Gennaio 2019 al 31 Gennaio 2020.
Pochissimi sono i casi in cui si è riusciti nell’impresa di accedere con maglie così strette per essere sostenuti in un periodo in cui non si sa quando potranno riprendere le attività culturali.
Ancor peggio è la Cassa integrazione in deroga apre ai lavoratori intermittenti, ossia la categoria dei lavoratori con contratto a chiamata che oltre ad avere i requisiti delle trenta giornate lavorative verrà calcolata sulla media delle mensilità percepite da lavoro (dodici mesi per alcune regioni e 3 per altre).
Un lavoratore intermittente vede il suo contratto attivarsi solo quando c’è lavoro e si vedeva già in tempi precedenti al coronavirus, applicare una pressione fiscale fino al 70%.
Per i lavoratori delle cooperative dello spettacolo e non solo, trenta giornate lavorative corrispondono a fatture da 1500 euro al mese che portano a sei giornate lavorative da otto ore.
Si perché, per l’Inps si intende la giornata lavorativa è di otto ore e nel caso si abbiano dieci giornate lavorative da quattro ore sarebbero calcolate come cinque giornate.
Mentre per l’Istat avere un contratto di lavoro intermittente vuol dire avere occupazione e quindi essere riconosciuto come lavoratore, per il Governo italiano vuol dire lavorare almeno trenta giornate lavorative, fatturare un minimo di 1500 euro al mese e vedersi applicati, come tutti, una pressione fiscale del 70%.
Quando gli stessi lavoratori chiedono aiuto l’unica risposta che hanno ricevuto finora è “Antani”.
L’unica speranza è racchiusa ancora nella discussione ad un Decreto non ancora approvato e che può essere modificato tramite emendamenti presentati dai parlamentari.
Non ci resta che sperare nonostante il comparto cultura fatto di tante maestranze e professionalità sia in balia di una tempesta su una nave di cui non riesce a riprendere il timone.