Palermo, la ‘capitale’ della Sicilia, è nota per lo street food nel suo autentico significato. Sì, perché è davvero facile in città incrociare le bancarelle fisse e mobili che direttamente su strada vendono specialità che rendono orgogliosi i palermitani e sono ricercatissime dai turisti.
Lo street food palermitano, infatti, non è solo un fenomeno di gusti e sapori ma rappresenta anche l’identità e la storia della città e dei suoi abitanti. Tra l’altro, hanno tutti un elemento in comune: sono piatti ‘poveri’.
Scopriamo, quindi, i 5 cibi da strada più famosi e richiesti di Palermo.
PANELLE E CROCCHÉ
Le panelle e le crocché sono due alimenti dagli ingredienti differenti ma costituiscono un binomio ormai indissolubile, servite in mezzo al pane, soprattutto alle mafalde.
Le panelle sono fritelle di farina di ceci che si preparano insieme all’acqua e al prezzemolo. In estrema sintesi, la farina viene sciolta in acqua salata e viene girata con un mestolo a fuoco medio fino a farla diventare una pasta cremosa, e poi viene stesa su un piano, tagliata e poi fritta.
Si tratta, come gli altri di un piatto storico: a quanto pare le prime panelle fritte risalgono al dominio Angioino in Sicilia (1266 – 1282): si dice che i francesi ne andavano pazzi.
Le crocché palermitane (chiamate anche cazzilli), invece, si preparano con patate, latte (e non uova come accade nel resto del Sud), menta, prezzemolo, sale e pepe.
Sì, panelle e crocché si possono naturalmente consumare in maniera separata ma il must è decisamente gustarli nello stesso pane.
PANE CON LA MILZA
Il pane con la milza, in palermitano pani ca’ meusa, risale al Medioevo, quando gli ebrei palermitani, impegnati nella macellazione della carne, non potendo venire retribuiti per precetto religioso, trattenevano come ricompensa le interiora che rivendevano come farcitura insieme a pane e formaggio.
Il pane con la milza esiste in due versioni: schetta (non sposata), cioè non accompagnata da altri ingredienti ma con la sola aggiunta di sale e limone; maritata (sposata), ovvero con formaggio e/o ricotta.
Il pane con la milza, inoltre, non contiene solo milza, ma anche polmone e, talvolta, trache di vitello. Il tutto preparato in un pentolone con lo strutto (sugna).
SFINCIONE
Lo sfincione è un altro prodotto tipico che è stato inserito dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT).
Etimologicamente, si ritiene che il termine derivi dal latino spongia o dal grego spòngos dal significato di spugna o dall’arabo isfang con cui si indica una frittella di pasta addolcita con il miele (anche se quello palermitano non lo contiene).
Spugna perché il pane pizza è morbido e lievitato, sopra il quale si trova una salsa a base di pomodoro, cipolla, origano, formaggio e acciughe (quest’ultimo, però, assente in quello venduto dagli ‘sfincionari’ che girano per la città a bordo delle ‘api’).
STIGGHIOLA (O STIGLIOLA)
Ed eccoci alle stigliola, in siciliano stigghiola. Ci si può imbattere nel loro profumo inconfondibile in tante zone di Palermo: veri e propri barbecue a cielo aperto.
Le stigghiola non sono altro che le budella di agnello (o di capretto o vitello), pulite in acqua e sale, condite con prezzemolo e cipolla (o senza), infilzate in uno spiedino e cucinate sulla brace. Si mangiano subito, calde e con il limone.
Il piatto risalirebbe all’epoca in cui la Sicilia era sotto la dominazione greca. Infatti, lì c’è il Kkoretsi, tipico del periodo pasquale, ovvero una grossa stigghiola di agnello cotta alla brace.
FRITTOLA
La frittola è un insieme di frattaglie di vitello, ovvero gli scarti della macellazione. Viene venduta all’interno di una grossa cesta di vimini dal frittolaro che la serve su un foglio di carta oleato o all’interno di un panino morbido a mani nude (questa è la sua caratteristica), soprattutto il semprefresco.
La frittola viene fritta nello strutto e il cesto viene coperto da uno straccio a cui sono aggiunti gli aromi, come alloro e pepe.
Foto di Giuseppe Romano.
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