“Le aziende sanitarie hanno chiuso le frontiere al commercio e tanti bambini non si sono potuti vaccinare contro il morbillo o la pertosse e c’è stato l’accaparramento del materiale sanitario e delle siringhe. E’ aumentato il lavoro minorile e i matrimoni precoci, la Dad ha lasciato indietro tanti bambini e il problema della salute mentale preoccupa sempre di più. Non se ne parla molto – continua Rozera -. I giovani ci chiedono di dare voce ai loro disagi”.
Rispetto al metodo di intervento di Unicef, che da 75 anni lavora per fronteggiare le emerge dei più piccoli in tutto il mondo, varia da Paese a Paese a seconda del livello di povertà e dell’organizzazione del Paese stesso. “L’idea è quella di rafforzare tutti i servizi a sostegno dell’infanzia, insistiamo affinchè i governi, nelle loro politiche di emergenza a causa del covid, diano priorità alle esigenze dei bambini che sono i più vulnerabili, ogni giorno ne muoiono 14mila. In alcuni Paesi questo richiede un lavoro importante di convincimento, intanto interveniamo con dei fondi di emergenza. Unicef – precisa Rozera – vive di fondi volontari da parte dei governi e dei privati. La trasparenza è una condizione imprescindibile, quella con i donatori è una relazione di fiducia, è essenziale mostrare come vengono impiegate le risorse”.
Il direttore generale ha poi parlato delle migrazioni: “Nell’ultimo anno sono aumentate a causa della povertà e del senso di insicurezza. La responsabilità è di tutti i paesi europei, c’è bisogno di una politica comune. I minori non accompagnati sono tanti, oltre 9.300 nel 2021. Parliamo con loro per capire le necessità, anche attraverso delle application. Il nostro target va da zero anni alla maggiore età ma spesso li seguiamo anche fino ai 25 anni. Bisogna capire l’origine delle migrazioni, noi ci occupiamo dell’ultimo miglio. Dal 2014 sono morte oltre 23mila persone nel Mediterraneo, è fondamentale lavorare sul percorso precedente”. Il direttore di Unicef Italia ha raccontato il lavoro dell’Agenzia a Kabul nel corso della recente crisi, dove è stata messa in piedi una squadra di 100 persone che si occupavano di ricongiungimenti familiari e in conclusione ha spiegato l’importanza del multilateralismo: “A volte è complicato da gestire, sono tante voci da ascoltare ma è lo strumento adatto per trovare soluzioni aderenti alla realtà”.
(ITALPRESS).