Secondo il primo cittadino va valorizzato “il ruolo dei Comuni, che essendo il terminale dell’accoglienza sono in grado di intercettare le offerte delle famiglie e di individuare più velocemente le strutture ricettive in aggiunta ai centri già esistenti. Infatti, alla riunione con la Protezione civile si è deciso che ci sarà un coordinamento a livello centrale fra noi e le Regioni”. “Finora – spiega – il grosso degli arrivi sono ricongiungimenti familiari, il resto ha trovato per lo più ospitalità da amici o conoscenti ucraini. Ma non basta, i posti non sono tanti e le città rischiano di entrare in emergenza. Da tempo il Terzo settore si occupa dell’accoglienza nelle case private. Penso che su questo tema si debba lavorare perchè c’è davvero un grande moto spontaneo di gente che chiede ai sindaci di dare una mano e offre la propria disponibilità”.
“Prima bisogna fare verifiche sulle persone che decidono di aprire la loro casa agli ucraini – aggiunge -. E semplificare le procedure. Poi c’è qualcuno che suggerisce di dare un incentivo economico. Una sorta di rimborso a chi ospita: potrebbe essere riconosciuto ai profughi, accolti dalle famiglie. In passato è già stato fatto”.
In merito alla corsa a raccogliere viveri e beni di prima necessità da mandare al popolo ucraino, sottolinea: “Sì ma è un problema. E’ difficile far capire alle persone che è impossibile fare arrivare pasta, vestiti e detersivi fino a lì. Noi stiamo spiegando a tutti che se qualcuno vuole aiutare chi è rimasto in Ucraina è meglio che doni qualche soldo alle organizzazioni riconosciute: Croce rossa, Unhcr, Unicef. Le medicine usufruiranno invece di un circuito speciale”. “I Comuni – aggiunge – stanno stringendo degli accordi con le farmacie: chiunque può andare in una di quelle che aderisce alla campagna e acquistare un kit di medicinali già predisposto, che poi sarà recapitato in Ucraina attraverso il Servizio sanitario”.
“Anche noi sindaci stiamo attivando dei conti corrente per la solidarietà – prosegue -. A parte le risorse che arriveranno dallo Stato, ci sono attività collaterali per l’assistenza che non sono rimborsate: servono per mandare i bimbi a scuola, assumere mediatori culturali, comprare indumenti e altri beni che non si riescono a reperire attraverso le reti di raccolta dei cittadini”. Decaro rivolge un appello “alle istituzioni per fare squadra come è successo per il Covid. E al Paese perchè non smetta mai di essere unito e solidale come sta dimostrando in queste ore”.
(ITALPRESS).