Per le esportazioni del made in Italy, principale leva dell’economia italiana, la crisi delle forniture negli Stati Uniti e le ripercussioni del conflitto in Ucraina rischiano di diventare una tempesta perfetta.
Lo spiega Leo Nucera, esperto di esportazioni e logistica per uno dei principali fornitori italiani della grande distribuzione americana. “La supply chain ha subito una serie di scosse in questi ultimi due anni e il conflitto tra Russia-Ucraina ha semplicemente creato un ulteriore livello di incertezza che avrà dei suoi riflessi, per quanto riguarda le tariffe del commercio internazionale – sottolinea Nucera -. I riflessi per quanto riguarda alcune materie prime che vengono prodotti in quell’area. l’incertezza che hanno gli operatori di mercato sul mercato americano per quanto riguarda l’approvvigionamento oltreoceano”.
Secondo gli ultimi dati elaborati dall’agenzia Ice a New York, le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti sono cresciute del 23,4% nel 2021 dopo il calo del 13,6% del 2020.
Si tratta di una forte crescita, superiore alla media mondiale ed europea, ma che è anche il risultato di una corsa dei distributori a riempire i magazzini e rifornire gli scaffali vuoti visti durante la pandemia. Gli Stati Uniti sono la prima economia mondiale e il primo partner commerciale dell’Italia fuori dall’Unione Europea. Ma non basta. Il presidente Joe Biden ha ribadito nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione che la priorità per superare i problemi e ridurre l’inflazione e il made in America.
“Questo è un momento unico, un momento unico perchè ovviamente come sistema Italia, gli Stati Uniti sono un partner strategico, il nostro primo partner commerciale per il made in Italy per l’export, è un Paese assolutamente chiave – dice ancora Nucera -. Le aziende non sono secondo me ancora consapevoli degli effetti di lungo periodo di questa situazione. Non noto una strategia di lungo periodo e alcuni degli effetti che si stanno concretizzando in questo momento probabilmente avranno un un esito maggiore dal 2023, il 2022 è ancora un anno di rimbalzo”.
Mentre la protesta dei camionisti americani procede verso la capitale americana, il mercato americano resta difficile, con forniture non sempre regolari. Dopo il panico della corsa agli acquisti di inizio pandemia, le immagini di scaffali vuoti si sono ripetute a causa di problemi lungo l’intera supply chain.
“Sono stato in tutti gli angoli degli Stati Uniti dal Midwest, Texas all’Arizona, la California e ovviamente sulla East coast – spiega Nucera -. E’ un momento in cui i clienti hanno bisogno di certezze. Hanno bisogno di comprendere se i nostri prodotti riescono ad arrivare in tempo sugli scaffali, perchè c’è una problematica evidente. Tanti scaffali vuoti di più categorie merceologiche, e quindi ovviamente i clienti sono preoccupati alla luce di tutte le situazioni contingenti che si sono verificate negli ultimi mesi”.
I venti di guerra dall’Ucraina aggravano lo scenario per il made in Italy. “L’Ucraina è uno dei principali produttori di grano duro e attualmente l’Italia si approvvigiona per circa il 20 per cento di questa materia prima – evidenzia Nucera -. Ovviamente venendo a mancare questa quota, sicuramente il costo della pasta e dei derivati del grano andrà sicuramente ad aumentare. Un’altra delle categorie prodotte – l’Ucraina, è il principale produttore mondiale di olio di girasole – ovviamente subirà delle ripercussioni a causa di questa situazione”.
“Si può arrivare a ridurre quella che è la carenza di vendite dovuta all’Italian sounding, semplicemente puntando sulla qualità e sull’educazione dei consumatori che sapranno quelli che possono essere i prodotti autentici grazie all’istituzione – conclude -, grazie ai claim, grazie alle etichette che parlano in maniera chiara, diretta e possono dare delle indicazioni molto più precise su quelle che sono i prodotti che sono prodotti effettivamente in Italia”.
(ITALPRESS).