Alla domanda su quali proposte porta a Palazzo Chigi, dove martedì incontrerà la premier Giorgia Meloni, risponde: “Credo che in Europa un pò di sveglia serva. L’Unione europea pesa per il 13,4% del Pil mondiale e per il 7% delle emissioni. Intanto altre grandissime economie non si impegnano come noi e non praticano la nostra responsabilità sociale d’impresa. Io sono per la tutela dell’ambiente e la mia stessa azienda ci lavora molto. Ma sull’auto elettrica o i certificati verdi, su cui si è creata una speculazione finanziaria, è chiaro che c’è molto da cambiare”. “Nessuno – aggiunge – chiede a chi ha investito di tornare indietro. Ma come si fa a lasciare tutta questa incertezza in Europa sulle multe per l’auto elettrica? Così gli investimenti non arrivano. Quindi penso che l’Europa debba fare un passo indietro, dev’essere velocissima nel dare linee chiare: che ci si fermi, che gli obiettivi verdi oggi sono sospesi. Il tempo è scaduto”. “La Spagna – fa osservare il presidente di Confindustria – ha meno debito e cresce più di noi. Ma dobbiamo fare un provvedimento analogo, in modo che i nostri imprenditori abbiano delle certezze e rinizino a investire”. “Ormai si è capito che il piano Industria 5.0 (6,3 miliardi di incentivi del Pnrr agli investimenti in digitale e ambiente) non funziona – dichiara -. E’ inutile che continuiamo a spingere su una misura che, se siamo fortunati, assorbirà due miliardi in tutto. Il Pnrr è stato pensato per abbattere le emissioni, ora invece l’obiettivo è salvare l’industria europea. Quindi con i soldi rimasti del Pnrr, come con quelli dei fondi di coesione – e sono davvero tanti – serve il coraggio di puntare sulle priorità di attuali”. Alla domanda se pensa a un nuovo piano di incentivi agli investimenti, risponde: “Sì. Ma non al 5% o al 10%. Almeno al 30%. E con meccanismi di credito d’imposta semplici, senza troppa burocrazia, automatici. Altrimenti tante imprese medio-piccole non seguiranno”. “Per ora – aggiunge – non ho visto proposte. Credo che lo spazio per negoziare ci sia, se si pensa alle forniture americane all’Europa nell’energia o nella difesa. Queste ultime ci saranno ancora indispensabili per anni. Come lo sono i satelliti e le licenze software americane. Sul tema fiscale delle Big Tech si può riflettere. Ma non credo che un negoziato muscolare abbia molto senso”. “In questa partita quelli che hanno più da perdere sono due: Germania e Italia. Non ce lo scordiamo”, conclude il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini.
– foto Ipa agengy –
(ITALPRESS).