“Una mano ha sparato – ripeterà il Pontefice – e un’altra mano ha deviato il proiettile”, alludendo a un intervento diretto della Madonna di Fatima, di cui proprio il 13 maggio ricorre l’anniversario della prima apparizione ai pastorelli portoghesi. E in effetti, certificherà il chirurgo Francesco Crucitti che aveva operato il Papa, quella pallottola aveva fatto un percorso strano, quasi uno zig-zag nel ventre del Pontefice, schivando di pochissimo tutti gli organi vitali e i principali vasi sanguigni. Ancora più misteriosa, se possibile, è la “regia” umana dell’attentato: il killer turco, Alì Agca, cambierà 52 versioni sulle ragioni che lo spinsero a cercare di uccidere il Papa. E ancora oggi non è chiaro quanti colpi fossero stati sparati in piazza San Pietro e quanti fossero gli attentatori (o i possibili complici) presenti tra le colonne del Bernini. Forse aiuterebbe a fare chiarezza una perizia sul proiettile che colpì il Papa, attraversandogli l’addome, e che Giovanni Paolo II, un anno dopo la sparatoria, decise di incastonare nella corona della Vergine di Fatima. Una cosa è certa: l’attentato avviene nel contesto mondiale della Guerra Fredda. E monsignor Rino Fisichella, che del libro di Antonio Preziosi ha scritto la prefazione, racconta con alcuni aneddoti come i servizi segreti polacchi tenessero sotto controllo il cardinal Wojtyla e continuassero a seguirlo anche a Roma dopo la sua elezione a Papa. Nel volume di Preziosi si riportano le parole del giudice Ilario Martella che rimane ancora oggi un convinto sostenitore della cosiddetta “pista bulgara” che individua i mandanti oltre la cortina di ferro. Giovanni Paolo II mostrò di non essere particolarmente interessato da quello che una volta, conversando con Indro Montanelli, definì il “garbuglio” che si muoveva dietro l’attentato. A lui interessava unicamente la spiegazione mistica e pensava che quel giorno si fosse adempiuto il terzo segreto di Fatima, rivelato dalla Vergine ai tre pastorelli. E che la sua salvezza fosse dovuta all’intervento diretto della Madonna e della Divina Misericordia alla quale era molto devoto, che lo avevano strappato a una morte che considerava sicura. Lo stesso Agca si è sempre chiesto come avesse fatto a sbagliare il colpo. Lo chiese direttamente allo stesso Papa nel celebre incontro nel carcere di Rebibbia durante il quale avrebbe chiesto al Pontefice: “perchè non sei morto? Come ho fatto a sbagliare?”. Lui, killer infallibile, aveva sparato da tre metri con una potentissima arma da guerra: quel giorno il Papa doveva morire. E chissà come sarebbe cambiata la Storia se Agca fosse riuscito nel suo intento.
(ITALPRESS).