Per quanto riguarda la rinegoziazione del Pnrr, poi, “Meloni lo aveva detto dal momento in cui è approdato in Parlamento: vi è stata una mitizzazione del fatto che ci fossero 220 miliardi di euro a disposizione, si è poco valutato che questi miliardi saranno a debito e che quelli che saranno a fondo perduto hanno bisogno di avere un collaudo delle opere entro il 2026. Nel frattempo, rispetto alle iniziali progettazioni, i costi delle materie prime sono andati alle stelle e registriamo anche una difficoltà nel rispettare i tempi. In più vi sono alcuni canali dove effettivamente la domanda, rispetto alle risorse disponibili, è molto inferiore: quando si parla di riprogrammazione del Pnrr, si dice ‘allochiamo le risorse dove servono effettivamente, non andiamo a creare le condizioni per indebitarci ulteriormentè, perchè se poi queste opere non saranno collaudate entro il 2026, l’Europa ci chiederà di restituire” le risorse.
Spazio anche al tema dell’immigrazione. “Si doveva intervenire: quello che è accaduto a Cutro ha dimostrato la spietatezza degli scafisti. C’è un’organizzazione criminale che la politica non può non vedere e non reprimere”. Per questo, quando il governo ha approvato il decreto “si è pensato a fare un ragionamento serio rispetto a quella che deve essere una immigrazione regolare, da contrapporre a un immigrazione regolare”. Oggi “c’è una situazione diversa dal passato, anche perchè fino a qualche mese fa vi erano delle vicende geopolitiche che erano diverse. E’ vero che dalla Libia sono sempre partiti immigrati”, ma oggi si aggiunge anche il fronte tunisino, “con una situazione interna che è andata degenerando, quindi c’è una minore attenzione rispetto alle partenze”, così come dalla Turchia dove, “dopo il terremoto, gli interessi si sono spostati verso altri fronti”, ricorda Foti.
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