Nel mezzo, si colloca il dato delle 2.924 dichiarazioni di fallimento presentate nei primi sei mesi del 2020, segnati tuttavia dall’imposizione del lockdown e dal prolungato stop alle attività dei tribunali.
Il tasso di fallimento delle imprese italiane – dato dal numero di procedure fallimentari aperte ogni mille imprese registrate – si attesta dunque al valore di 0,76. E’ quanto risulta dall’indagine condotta da Unioncamere e InfoCamere, a partire dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, sulle aperture di procedure fallimentari nei primi sei mesi degli ultimi tre anni.
Prendendo come riferimento il primo semestre del 2019 – l’ultimo non affetto dalle conseguenze legate all’emergenza sanitaria – il bilancio della prima metà del 2021 mostra per quasi tutte le regioni valori in diminuzione, per una media nazionale che si attesta al -13,3%. Fanno eccezione alcune tra le regioni più piccole come la Basilicata (+53,6%) e Molise (+41,7%) dove però bastano pochi casi in più per determinare forti variazioni relative; tra le regioni più grandi, a far segnare un incremento rispetto a due anni fa si segnala la sola Sicilia (+1,4%). L’unica regione che, pur in forte riduzione rispetto ai primi sei mesi del 2019 (-16,1%), si colloca sopra la soglia dell’uno per mille nel tasso di fallimento è la Lombardia.
La dinamica attenuata dei fallimenti si distribuisce in modo diffuso anche tra i settori di attività delle imprese. A mostrare un’accelerazione rispetto al primo semestre 2019 sono la fornitura di energia (+60%), la sanità e assistenza (+21,6%), il trasporto e magazzinaggio (+19%), l’istruzione (+13.3%) e le attività assicurative e finanziarie (+3,2%).
(ITALPRESS).