«Noi veniamo da Coppi e Bartali, da quelle rivalità storiche e siamo stati visti come antagonisti dai nostri fan – gli fa eco Venditti -. Ogni tanto c’è stata qualche piccola scintilletta e abbiamo fatto qualcosa insieme come “Io e mio fratello”, ma mai nulla di strutturato. Stavolta, invece, abbiamo detto: dobbiamo farlo! Ed è bellissimo ritrovarsi in un momento così importante». A fare scattare la scintilla, raccontano, è stato un pranzo in un ristorante romano, lo stesso finito col lancio della monetina per dare il titolo al tour che proseguirà nei teatri andando avanti fino al 2023 e, con ogni probabilità, diventerà un racconto per immagini. «Sarà un lungo viaggio che stiamo registrando seguendo uno stile documentaristico», dicono anticipando che gli spettacoli estivi saranno diversi da quelli nei teatri, «una scelta interessante che ci permetterà di modulare spettacoli diversi con atmosfere diverse». I due cantautori non danno altre anticipazioni, se non rivelare che canteranno quasi tutti i pezzi a due voci, che la scaletta, ancora da decidere, non sarà come dice causticamente De Gregori, «ragionata in termini di Manuale Cencelli, abbiamo scelto di inseguire le belle sensazioni», e che la band, formata da musicisti che da anni seguono i due artisti, «potrebbe cambiare nel tempo». In un momento come questo le tensioni internazionali e la guerra in corso in Ucraina non potevano restare fuori. «Ci dispiace che, dopo tanta attesa, questa conferenza stampa si stia tenendo oggi. Sto seguendo in Tv quello che sta accadendo e ho visto paura e smarrimento sulle facce di tutti, ma cosa dovrebbe fare il mondo della musica? Un concerto? Come dice Checco Zalone in “Maremoto a Porto Cervo” gli artisti devono scrivere le canzoni prima e non dopo», risponde l’autore di “Generale” a chi chiedeva il perchè gli artisti non stiano facendo sentire la loro voce.
«Noi abbiamo visto 50 anni di marce e di concerti, la verità è nell’arte e nelle canzoni: quelle belle e adatte sono poche. Piuttosto che sentirne di brutte, meglio il silenzio», aggiunge Venditti. Sollecitati da una domanda, poi, i due ricordano Lucio Dalla di cui, domani, ricorre il decennale della morte. «Ho avuto la fortuna di lavorare con Lucio due volte. Per me lui c’è sempre e non riesco a fare mio l’aspetto celebrativo», dice De Gregori. «Lucio mi ha salvato in tanti modi, anche trovandomi casa a Roma vicino alla sua dopo la mia separazione, per questo mi sono battuto per far mettere una targa in suo ricordo nella casa dove ha vissuto fino al 1986. Io stavo sempre a sentirlo perchè raramente aveva torto. Lui, ancora prima di Pavarotti, aveva capito che tutte le arti potevano esistere insieme. Quando nella notte mi chiamarono per dirmi che era morto, fu davvero brutto e a me piace ricordarlo non l’1 marzo ma il 4, il giorno del suo compleanno, perchè per me le morti non esistono».
(ITALPRESS).