“Conou raccoglie tutto l’olio minerale usato in Italia, indipendentemente dalla provenienza: lo troviamo nei motori, nei garage, nei macchinari delle fabbriche. Dopo un pò di tempo l’olio minerale tende a deteriorarsi: è per questo che lo raccogliamo in 103mila posti diversi nel paese, poi lo portiamo negli impianti per la rigenerazione”. Due le destinazioni del prodotto: il combustibile equivale al 2% della quantità, mentre il restante 98% diventa olio vero e proprio. “I prodotti di degrado vengono utilizzati come bitume e gasolio, il resto lo trasformiamo in un prodotto di qualità – racconta Piunti, – E’ importante che le partite inquinate presenti nell’olio non vengano mescolate insieme a quelle non inquinate: la rigenerazione funziona solo se si gestisce la qualità del rifiuto. Se da tale processo nasce un prodotto di serie B non lo vuole nessuno, se l’olio rigenerato equivale a un prodotto nuovo significa che tutto ha funzionato”. La terminologia corretta è fondamentale per dare un’idea chiara delle pratiche svolte: “Riciclo è quando si ridà vita a un prodotto che non funziona bene, riuso è quando preso così per come si aggiusta e si riutilizza. Nell’ambito dell’olio minerale il riciclo ha senso, il riuso no: un rifiuto pericoloso, con dentro inquinanti, metalli pesanti e schifezze varie, non va riutilizzato ma rigenerato. In caso contrario si rischia di mettere in giro un prodotto pericoloso”, spiega Piunti.
Per riconoscere il lavoro portato avanti da Conou è sufficiente un confronto con altre realtà europee: il Consorzio è primo nel continente per raccolta e rigenerazione dell’olio, principalmente per la scelta di non seguire la pratica, ricorrente in numerosi paesi, di bruciare i prodotti rigenerati: “La Commissione europea ha dichiarato di voler alzare l’asticella, ma noi siamo già sopra la media: si vuole portare la rigenerazione dell’olio all’85%, quando noi siamo al 98%”, sottolinea Piunti. Anche i numeri della raccolta danno uno spaccato dell’attività del Consorzio: “Nel 2022 abbiamo raccolto 181mila tonnellate, corrispondenti circa alla metà dell’olio disponibile in Italia che è di 385mila tonnellate: quest’anno, nonostante la crisi, i nostri dati sono in ulteriore rialzo”.
Un altro numero significativo riguarda la spesa che Conou ha fatto risparmiare all’Italia attraverso il trattamento dell’olio: Piunti rivendica di aver vanificato un possibile esborso da “130 milioni di euro di importazione di petrolio. Le due strade possibili erano fare una tonnellata di lubrificanti o importare 10 milioni di petrolio: la nostra è stata quella di prendere un rifiuto pericoloso e trasformarlo in prodotto, l’alternativa era andare in un paese lontano come Russia o Arabia Saudita, spostarsi in nave, estrarre il petrolio dal pozzo, caricarlo sull’imbarcazione, riportarlo in Italia e raffinarne dieci tonnellate”.
Recentemente Conou ha stretto un accordo con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli in funzione anti-evasione: è lo stesso Piunti a evidenziarne i contenuti, spiegando che “i consorzi ambientali seguono il principio secondo cui chi vende un prodotto si deve preoccupare di ritirare il rifiuto e rigenerarlo: Conou dà un contributo per fare quest’attività, ma se c’è evasione ci sono di conseguenza sperequazione e maggiori spese per qualcun altro, con conseguenti danni per il consumatore. Noi abbiamo subito un’evasione di basso profilo, che ci ha infastidito molto, e fatto un lavoro di recupero da 3 milioni circa”.
L’intervento del presidente del Consorzio si chiude tracciando un punto di vista su alcuni fronti: sfide immediate, parità di genere e cambiamento climatico. “Attualmente stiamo lavorando su tanti fronti, ma non su quello delle partnership: digitalizzazione e regolamentazione sono le nostre priorità, è fondamentale dare un’idea di integrità e trasparenza. Sulla parità di genere puntiamo a ottenere la certificazione attuata per le imprese entro il 2024: il nostro Consorzio si sta avvicinando sempre di più ai requisiti richiesti. Sul cambiamento climatico sappiamo che è un tema importante nel mondo di oggi, così come l’economia circolare, ma è preoccupante vedere come si tenda a dimenticarsene troppo spesso: gestione cattiva dei rifiuti e siccità incidono sulla salute di tutti noi”.
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