Bisognerà aspettare il 1947 per ritrovare un Agnelli a capo della Juve: toccherà a suo figlio Gianni prendere le redini dei bianconeri dopo la guerra, fu il primo grande incarico per lui nelle aziende di famiglia. E se la cavò splendidamente, vincendo altri due scudetti negli anni successivi alla tragedia del Grande Torino, che fino al 1949 dettava legge. Dal 1955 toccherà per sette anni poi ad Umberto Agnelli prendere il timone della Juventus, a chiudere il secolo di presidenze della famiglia è stato invece suo figlio Andrea, che dal 2010 ha gestito la società, e che a gennaio sarà sostituito da Gianluca Ferrero, dopo le dimissioni dell’intero board nelle settimane scorse.
Ma di questo il libro non parla, anche se vengono affrontate tutte le fasi della storia della Juventus, compresa Calciopoli e i famosi scudetti revocati, che Fabio Capello, giocatore e tecnico bianconero in quei due anni, rivendica nella prefazione: “Gli scudetti sono 38”. Una ferita mai rimarginata per tutti i tifosi bianconeri, su cui però non indugia Alessandro Del Piero, che nella sua prefazione invece ricorda il suo rapporto con l’Avvocato. “Amava la Juventus e i suoi campioni, ed era amato dai suoi campioni. Come dalla gente” ricorda Pinturicchio, soprannome datogli proprio da Gianni Agnelli, e che l’ex numero 10 rivendica con orgoglio.
Nel libro di Giglio e Cucci però ci sono soprattutto tanti volti dimenticati, tante piccole storie, dettagli e luoghi che la memoria eterna delle immagini in bianco nero rende immortali. Ecco apparire Kurt Hamrin e Giampiero Combi, il bersagliere Teobaldo Depretini che evitò alla penultima giornata la retrocessione bianconera contribuendo a un decisivo 4-3 alla Triestina, i viaggi con l’intera squadra che in giacca e cravatta saluta dalla scaletta dell’aereo a Malpensa, ignara che di lì a poche ore incapperà in un disastroso 7-0 a Vienna contro il Wiener. E poi Sivori, Scirea, Boniperti, Zidane, Baggio e Schillaci, fino a Cristiano Ronaldo, Higuain e John Elkann. Eppure, tra tutti, Giglio che per 30 anni è stato il fotografo ufficiale della Juventus, sceglie una meteora bianconera: “Liam Brady era stato già ceduto, quando fu chiamato a tirare il rigore che a Catanzaro diede lo scudetto 1982 alla Juventus. Tutti pensavano che si sarebbe andati allo spareggio con la Fiorentina la domenica dopo, e io quel giorno avevo fissato il mio matrimonio. Liam quando segnò mi corse incontro e mi disse, ‘adesso puoi sposartì e mi regalò la maglia. Gliela resi molti anni dopo”, ha ricordato commuovendosi Giglio. E di storie e foto così ce ne sono tante in un secolo di Agnelli e Juventus.
(ITALPRESS).