Il ragazzo sta per ammazzare un uomo. È in un vicolo di Palermo e deve vendicare suo padre, ucciso alcuni anni prima. Quel ragazzo poco più che adolescente ha imparato a sopravvivere nel cuore nero della Sicilia e ora è a un bivio. “Io, killer mancato” (Chiarelettere editore, pp. 160 11,90 euro, da oggi in libreria) è la storia del giornalista Francesco Viviano, cresciuto a Palermo tra i mafiosi e oggi uno dei più importanti inviati italiani. È la storia di un ragazzo che ce l’ha fatta. Che non si arrende ai soldi facili, che non cede alla vendetta: non vuole fare come i suoi amici e diventare il braccio destro dei boss della Piana dei Colli.
“Nel mio quartiere – racconta Viviano – c’erano personaggi legati a diverse famiglie mafiose: Madonia, Riccobono, Scaglione, Troia, Liga Nicoletti, Di Trapani, Davì, Pedone, Gambino, Bonanno, Micalizzi e Mutolo, la crema di Cosa nostra. Vivevamo fianco a fianco”. Come sia riuscito a non diventare anche lui un killer, nonostante le frequentazioni con quei “bravi ragazzi”, è lo stesso autore a spiegarlo in un libro che si legge tutto d’un fiato come un romanzo. Cameriere, marmista, pellicciaio, muratore, commesso. Poi la svolta, fattorino e telescriventista per l’ANSA, quindi giornalista. Prima all’ANSA, poi a “La Repubblica”. È qui che Francesco Viviano tira fuori tutto quello che ha imparato tra i vicoli di Palermo, perché lui sa come muoversi e dove trovare le notizie, sa con chi deve parlare e come farlo. Attraverso il suo racconto, il lettore rivive gli anni terribili delle guerre di mafia, il maxiprocesso nell’aula bunker dell’Ucciardone, gli omicidi Falcone e Borsellino, le grandi confessioni dei pentiti, l’arresto di Brusca, la caccia al papello di Riina, le prime rivelazioni sulla trattativa tra mafia e Stato. Viviano è un cronista di razza: vuole i nomi e sa da chi ottenerli. “Io killer mancato” è anche la storia dell’amicizia con Peppe D’Avanzo, Mario Francese e Attilio Bolzoni, di chi ha fatto giornalismo cercando insieme gli scoop o strappandoseli di mano. È il ritratto della Sicilia e delle sue contraddizioni attraverso gli occhi di uno dei suoi migliori giornalisti. Ma sopratutto questo libro è un atto d’amore verso la persona alla quale Francesco Viviano deve tutto: la madre Enza, rimasta vedova a 19 anni, che ha lavorato tutta la vita per riuscire a crescere quel figlio inculcandogli i valori dell’onestà e non della vendetta. Fino a quando, felice e orgogliosa di quella foto che lo ritrae accanto al Papa, non ha visto che il suo Francesco aveva imboccato la strada giusta, diventando un giornalista importante e non uno dei tanti mafiosi di borgata finiti in carcere o al cimitero.
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