“Liber” dal latino “Essere liberi”. Liber= Libro, piccolo Libro, Librino.
Perché no? Mi piace pensare che possa essere questa l’origine della parola che dà il nome al mio quartiere e mi perdonino i puristi cultori della lingua latina, ma per una volta concedetemi un’imprecisione, una romantica, meravigliosa imprecisione etimologica).
E anche se così non fosse, non vi sembra assurdo, quasi un paradosso, che un posto chiamato Librino… non abbia una libreria?? Si che lo è. Fortuna che qualcuno ci ha pensato. E piuttosto che indignarsi, prodigarsi in spesso inutili discorsi di denuncia ha deciso di agire e, da una “chiacchierata delirante di fine estate”, ha dato vita ad un luogo di condivisione, non solo di libri, idee e ed esperienze ma anche di sogni. Perché siamo in tanti a sognare un quartiere diverso.
Vi voglio raccontare il mio quartiere attraverso alcune storie che davvero vale la pena di ascoltare.
La più semplice delle idee, quella di portare i libri a Librino, è stata avanzata proprio da quello stesso gruppo di pazzi, visionari e sognatori, che con una palla ovale insegna ai ragazzi del quartiere che per difendere i propri diritti si lotta, si affonda nel fango con tutta la squadra e si corre insieme fino alla meta.
“Quando il Centro Iqbal Masih e la squadra di rugby I Briganti hanno liberato il Campo San Teodoro, un impianto sportivo comunale costruito in occasione delle Universiadi del 1997, ridotto in macerie e calcinacci, io non c’ero, ci racconta Chiara Pulvirenti, una delle volontarie che ha contribuito alla realizzazione della Librineria nella club house della squadra. E non c’era la maggior parte di voi, non c’erano le istituzioni, non c’era chi oggi discute di rinascita delle periferie, di rammendo, di restauro, di riqualificazione.
Non c’era Catania, ma soprattutto non c’erano i suoi cittadini.
Eppure tre anni fa nel giorno dell’anniversario della Liberazione c’era chi celebrava la Resistenza rompendo un catenaccio e, armato di guanti e rastrelli, provava a restituire agli abitanti del quartiere più popolato, temuto e bistrattato della città, Librino, un’opportunità di riscatto sociale, attraverso la riappropriazione di un bene comune abbandonato da tutti.
Dai presenti e dagli assenti di allora si deve partire per comprendere cosa significhi per l’intera città la nascita della Librineria, la prima biblioteca sociale del quartiere, sorta grazie al coinvolgimento di tanti volontari che, con le loro donazioni, hanno reso possibile il riempimento degli scaffali”.
Se ci pensate ha un che di romantico questa storia di Autodeterminazione. Li immagino, questi ragazzi, seduti intorno ad un tavolo, magari non al lume di una candela o con mappe e cartine topografiche di sorta, ma comunque insieme, a progettare la liberazione del Campo San Teodoro. E per fare questo hanno scelto una data emblematica, un simbolo: il 25 Aprile 2012, giorno in cui hanno piantato la loro bandiera. Campo XXV Aprile San Teodoro liberato. Perché è così che si chiama ed è così che è stato riconosciuto dalla Federazione Italiana Rugby.
Liberto da cosa? Liberato dall’incuria, dall’indifferenza, dall’abbandono, dalla condanna ad una morte lenta.
Liberato da chi? Liberato da gente comune, volontari, ragazzi che hanno deciso di prendere in mano le proprie vite e le sorti di un luogo che è Casa loro. Ragazzi che hanno deciso di SCEGLIERE, non dalle istituzioni, dall’Amministrazione Comunale, dagli Assessori e Consiglieri comunali di sorta che si sono succeduti negli anni sulle belle poltrone di velluto rosso del Palazzo degli Elefanti.
Ragazzi che ci danno una lezione, che ci gridano che fare vale più di mille parole, promesse, senza roboanti e vanagloriosi proclami. Perché l’audacia reca in sé genialità, magia e forza.
E per darci questa lezione scelgono come strumento il linguaggio universale dello sport.
Lo sport è meraviglia. E’ scoprirsi guerrieri, è stupirsi delle proprie forze, è mobilitare le nostre risorse interiori per riuscire a vincere le nostre paure, superare i nostri limiti. E’ ritrovarsi a gridare MEEEETAAA!! Per essere catapultati e soffocati nella gioia dei compagni.
Sudore, fango, fatica, fiato.
E’ metafora di vita. Per chi non si arrende, per chi lotta, per chi ci prova nonostante tutto.
Tutto questo io l’ho imparato da loro. Da Stefania, Chiara, Angela, Rachele e Marco. Dai ragazzi dell’ASD Rugby I Briganti e del Centro Iqbal Masih.
E ho imparato che i luoghi non sono in sé belli o brutti, i luoghi dove accadono cose meravigliose diventano luoghi meravigliosi.
E a Librino accadono cose meravigliose.
Progettato per diventare la città-satellite di Catania (da Luigi Piccinato nel 1964, disegnato poi da Kenzo Tange le 1970) in realtà il quartiere di Librino è stato nel tempo dimenticato dalle istituzioni tanto da divenire terra di frontiera, reso tristemente celebre dai suoi fatti di cronaca. Ma il Librino che vi voglio raccontare è un altro Librino. E’ il Librino delle Parrocchie, delle Associazioni sportive e culturali, dei volontari che ogni giorno si impegnano perché Librino possa diventare il motore della Catania che cambia.
Provate a cambiare prospettiva, abbandonate i pregiudizi e lasciatevi meravigliare…
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