Abbiamo visto Manuela Ventura in diverse produzioni televisive, da “Il Commissario Montalbano” a “Il Capo dei Capi”, da “Squadra Antimafia” alla prima e seconda stagione di “Questo nostro amore” fino ad arrivare al cinema con “Anime nere”.
E’ stata diretta da alcuni dei più importanti registi, da Monteleone a Ribuoli, da Sironi a De Maria. In queste settimane, la vediamo in “Questo è il mio Paese”, la fiction di Rai1 in prima serata che sta tenendo incollati milioni di telespettatori. Interpreta un ruolo molto significativo, ovvero quello di Assunta Malorni, la moglie di Bartolo, un pericoloso latitante ricercato che si nasconde tra la natura selvaggia del paese. Manuela ancora una volta veste i panni di un personaggio non semplice da interpretare ma con un tocco unico e delicato, come solo lei sa dare.
Chi è Manuela Ventura oggi?
Oggi è ancora piena di desideri, insegue il tempo, a volte crede di rimandarlo o sospenderlo, ma non c’è modo di fermarlo, si osserva crescere, ritrova molte cose del suo passato ancora presenti, ma del presente si stupisce, a momenti si confonde, fa parte di lei la timidezza, la curiosità, sprofonda nelle riflessioni, vive le paure, bacia i suoi figli, corre, adora l’alba e il cielo pieno di stelle, ha ricominciato a sciare, crede nella libertà, deve ancora imparare qualcosa, a volte si arrabbia un po’ troppo, prova nostalgia, ha imparato a cucinare meglio, ama la sua famiglia, è responsabile di corsi di recitazione, cammina cammina cammina….
Perché hai scelto di fare l’attrice? Quale ritieni sia il compito di un’interprete nei confronti di del pubblico?
Ero davvero una bambina, dai miei ricordi e da ciò che mi raccontano, fondamentalmente ero abbastanza taciturna, timida ma ero molto “assorta”, pensierosa, come se stessi cercando, come se m’immergessi nel mio fantasticare. Mi piaceva soprattutto guardare, osservare, andare a vedere, andare a teatro, mi commuovevo e mi emozionavo appena vedevo illuminarsi un palcoscenico, appena ascoltavo una musica, mi mordevo le labbra e mi strizzavo la pancia davanti ai film, quei momenti da “spettatrice” erano talmente intesi! Era come se mi catapultassi totalmente in quell’esperienza ed era difficile poi uscirne fuori, e infatti poi ho deciso di rimanerci dentro!
“L’attore è simile a un vero e proprio atleta del fisico…ad un atleta del cuore”, diceva Artaud; l’attore ha il compito di fare delle scelte, il suo compito è quello di svolgere azioni interiori e azioni esterne, l’attore vive il suo rapporto con il pubblico in questa dinamica, in cui dovrebbe smuovere, commuovere, suscitare, rianimare emozioni, sensazioni fisiche ,riflessioni. L’attore non dovrebbe mai lavorare per se stesso, per esibirsi, per mostrare, ma dovrebbe sempre essere in relazione, comunicare, essere attento. In questo senso attraverso il teatro o il cinema si “discute”, si ragiona, l’arte diventa così strumento di emozioni, di conoscenza, d’indagine, di profondità, diventa anche strumento di responsabilità. Ed è per questo che si auspicherebbe una maggiore attenzione e maggiori investimenti nel campo culturale e artistico.
In queste settimane, ti stiamo vedendo nella fiction “Questo è il mio Paese”. Per quali motivi hai detto di sì a questo film in sei puntate?
La possibilità di lavorare con un regista come Michele Soavi è stata una delle motivazioni principali, l’altra riguardava la possibilità di essere parte di un racconto ad alto tasso di sguardi e storie al femminile, ed inoltre anche questa fiction rappresenta un modo per raccontare con speranza l’impegno contro le dinamiche criminali presenti nel nostro paese dal Nord al Sud.
Interpreti Assunta Malorni. Ci racconteresti un po’ del tuo personaggio?
Assunta Malorni è madre di due figli, con Cosimo in particolare ha legame forte, pieno di attenzioni e di amore. Al contempo però è moglie di un latitante, è componente dunque di una famiglia criminale, convive con la parte malata e corrotta della società, ma evidentemente suo malgrado. Assunta, infatti, non appena ne avrà la possibilità, grazie all’incontro con questo nuovo sindaco Anna Pozzo, spinta da quel coraggio, si farà forza e deciderà di ribellarsi proprio per amore dei suoi figli.
In questa fiction, uno dei temi affrontati è quello della criminalità organizzata. Cos’è, per te e cosa rappresenta?
La criminalità organizzata va in assoluto combattuta, va smascherata, bisogna sempre più schierarsi in maniera chiara a favore della legalità, del rispetto delle regole, bisogna impegnarsi sia nel privato sia nel pubblico per dissolvere le ambiguità, è necessario denunciare, bisogna essere orgogliosi di difendere, anche nel piccolo delle proprie azioni quotidiane, diritti giustizia onestà.
Pensi che il cinema, la fiction o il teatro possano essere un mezzo per combattere le mafie? Quale ritieni sia il ruolo della donna all’interno di questa organizzazione criminale?
In questo senso la televisione o il cinema o il teatro civile e politico posso contribuire in maniera efficace allo “svelamento”, sono mezzi attraverso i quali poter raggiungere vaste platee di spettatori e con gli spettatori stessi ripercorrere momenti della nostra storia, a volte troppo spesso taciuti o dimenticati; sono strumenti di condivisione in cui certi argomenti, se trattati in maniera integra e con l’intenzione di favorire la conoscenza e la consapevolezza, possono generare riflessioni e soprattutto posso farci sentire non isolati, posso restituire un senso di appartenenza a tutti coloro che credono nella legalità, posso generare speranza. Ho avuto occasione in questi anni di prendere parte a progetti che hanno raccontato la criminalità organizzata, mi riferisco ad esempio al “Capo dei capi”, “Anime Nere” e ora anche “Questo è il mio paese”. Sono stati lavori emozionanti, pieni di partecipazione e di significato. L’apporto femminile all’interno dell’organizzazione criminale sembra essere sotterraneo, apparentemente silenzioso. Spesso la donna di mafia rappresenta un punto di riferimento, diventa prestanome o svolge una sorta di sostegno logistico all’interno di certe dinamiche, a volte capace anche di prendere ruoli decisivi, autonomi e decisionali, ci sono esempi di formazioni criminali guidate da donne.
Sei una vera e propria siciliana. Cosa rappresenta per te questa terra?
Il mio rapporto con la Sicilia è forte e unico. La Sicilia è il mio punto di partenza, è la mia isola che non c’è, dove ho cominciato a sognare, a giocare, a mettere un piede dopo l’altro e a camminare. Ci vivo, ma spesso parto, mi muovo, poi ritorno. E’ una terra piena di contraddizioni e forti passioni, si alternano le amarezze e delusioni all’impegno e alla voglia di cambiamento, non è facile costruire progetti e mantenere vivi i sogni, però, da siciliana, sono ancora fiduciosa, alcuni semi man mano stanno dando i loro frutti, bisogna continuare, è necessario che ciascuno si senta responsabile, che ognuno comprenda che l’apporto di tutti è necessario.
Dopo “Questo è il mio Paese”, dove ti vedremo?
Mi dedico a coordinare le attività didattiche di una scuola di recitazione, Viagrande Studios, che si trova a pochi chilometri da Catania .
Tra i prossimi impegni ci sono progetti teatrali e due progetti televisivi, stiamo tra l’altro aspettando di avere la conferma sulla terza serie di “Questo nostro amore”.
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