- Marco Salemi è uno dei più famosi ricercatori di Intrahoax virology
- Ordinario di Patologia sperimentale in Florida, dirige al Fondazione Holloway
- “Con il Covid 2019 abbiamo perso la window opportunity per fermarlo in tempo”
Ci sono talenti che a malincuore il Sud deve rinunciare a tenere nel suo alveo. Quando c’è in ballo la scienza e la salute, il mondo non deve avere confini. E il Sud, con le sue ataviche disfunzioni, è una cornice troppo stretta per scienziati e ricercatori come Marco Salemi.
Da Caltanissetta agli Usa
Da Caltanissetta, con studi compiuti in Belgio, a Milano, a Pavia e negli States, oggi Marco Salemi è ordinario di patologia sperimentale alla facoltà di medicina dell’Università della Florida. Ed è anche il direttore della fondazione Holloway. Lo vogliamo definire un cacciatore di virus? In fondo rende bene l’idea.
Quando si parla di virus la sua parola è autorevole a livello globale. Con il mondo alle prese con la pandemia da Covid 2019, il circo mediatico ha fatto rimbalzare tesi e antitesi di tutti i tipi. Confondendo la gente. Salemi non ha parlato spesso. Quando lo ha fatto, il tempo poi gli ha dato ragione.
In un’intervista al quotidiano L’Avvenire, a marzo di quest’anno, aveva messo in guardia da facili trionfalismi.
I vaccini – ecco in sintesi la sua tesi – riducono e talvolta azzerano la mortalità da Covid 2019, ma non cancellano i contagi. A distanza di quattro mesi, guardando quello che succede in Gran Bretagna e Israele, appare evidente che le riflessioni dello scienziato di origine siciliana si siano avverate.
Al quotidiano della Cei, Salemi spiegava quanto fosse “estremamente ottimista pensare che entro aprile sarà tutto finito: abbiamo dei vaccini che sono molto efficaci, non tanto nel prevenire l’infezione, dal momento che i vaccinati possono reinfettarsi, ma nel’abolire la mortalità. “Sia Pfizer, che Moderna e anche Jonhson&Johnson vanno in questa direzione. Addirittura, il terzo, pur conferendo una minore protezione degli altri garantisce un abbattimento generale della letalità”.
In passato, Salemi aveva spiegato quale fosse stato il grande errore a livello mondiale. La pandemia si sarebbe potuta attutire sul nascere. Non abbiamo considerato la “finestra di opportunità”, un errore globale: “L’Italia così come gli altri stati europei non hanno messo in campo i sistemi di contact tracing, si sono mossi molto in ritardo e hanno perso, come gli Stati Uniti, la ‘finestra di opportunità’. Per epidemie di questo genere con un virus che si diffonde così velocemente perché estremamente infettivo, c’è una finestra di opportunità (window opportunity) che è nell’arco delle prime due-quattro settimane dell’infezione”.
Intrahoax virology, a caccia dei segreti dei virus
Salemi è un esperto di “Intrahoax virology”, disciplina che si occupa di comprendere come i virus si trasmettano da specie a specie. “Quello di cui io ormai mi occupo da tanti anni è di studiare i virus da due punti di vista. Il primo punto di vista e cio che noi chiamiamo epidemiologia molecolare. Cerchiamo di capire come le epidemie virali si originano si trasmettono e vengono diffuse in una popolazione, studiando il genoma dei virus e studiando come questi genomi variano, nel momento in cui vengono trasmessi“.
“Intrahoax virology”- spiega il docente dell’Università della Florida – è proprio quel ramo della virologia che cerca di studiare come i virus che infettano un organismo cambiano col tempo e come questo cambiamento consente al virus, da un lato di soppravvivere al trattamento terapeutico e al sistema immunitario, e dall’altro come questi cambiamenti siano legati alle patologie. Permette di mettere, di studiare il virus in relazione a quello che è la sua nicchia ecologica, in questo caso è il corpo umano”.
Il pensiero di Salemi sulla scienza
Che cosa può fare e cosa deve fare la scienza? Ma sopratutto come deve parlare la scienza in questi momenti di crisi sanitaria? “La scienza non da mai risposte assolute – spiega Salemi – e se uno scienziato dice sono sicuro che questa cosa è successa al cento per cento è meglio non ascoltarlo. Questo è un tipo di affermazione che la ricerca scientifica non può fare. Ciò che noi facciamo è quantificare la nostra ignoranza più che il grado delle nostre conoscenze assolute. Però, quando la comunità scientifica dice, questa è la teoria accreditata e sostenuta da un numero significativo di fatti, di esperimenti, di visualizzazioni empiriche, significa che c’è un grado di confidenza estremamente elevato”.
C’è anche chi accusa la scienza di non aver fatto abbastanza. “Difficile accusarci di alcunché: ci misuriamo con un virus sconosciuto fino a gennaio 2020 e abbiamo già dei vaccini, mentre per l’Hiv ancora non è stato trovato, e sono passati quaranta anni”.
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