Marco Zigon, a capo di un gruppo che esporta il 70% di quello che produce e che con due stabilimenti in Campania dà lavoro a 300 persone, ha un sogno: Una città “smart” all’ombra del Vesuvio. Aria pulita e tecnologie innovative, edifici ecosostenibili e veicoli elettrici che sfrecciano su strade lucide e pulite, wi-fi per tutti e tanti servizi a portata di smartphone. Addio targhe alterne e ingorghi a “croce uncinata”. Perfino le bande rapina-Rolex, l’incubo dei turisti, avrebbero vita breve: sarebbero individuate da un efficace sistema di videosorveglianza. Solo un sogno? Chi lo conosce, sa bene che Zigon non è affatto un visionario. Se a raccontare il suo sogno non ci fosse un imprenditore di rango come
E’ a capo di una “multinazionale smart dell’efficienza energetica” che ogni anno dirotta su ricerca e sviluppo, una cifra che oscilla dal 2 al 4% del fatturato (circa 100 milioni in media negli ultimi 5 anni). Percentuali da record per un’impresa di medie dimensioni, anche tenendo conto di una crisi da cui l’Italia fatica a uscire.
Zigon, imprenditore di terza generazione, ha puntato da sempre le sue carte sull’innovazione. E sono state puntate vincenti se l’azienda è riuscita a resistere alla grande crisi compensando il forte calo della domanda interna con l’aumento delle commesse all’estero. Gli ultimi due ordini, significativi, sono stati firmati proprio qualche giorno fa: uno dall’Inghilterra e l’altro dalla Scandinavia.
Ma Zigon è anche un imprenditore che ha capito, per tempo, che sviluppo e territorio non sono due variabili indipendenti ma strettamente interconnesse. Investire nella crescita della città significa anche, per certi versi, investire sul futuro della propria azienda. Un ragionamento che non fa una piega. Ma, detto questo, non è un po’ temerario pensare di trasformare una città che agli ultimi posti in tutte le classifiche che misurano la qualità della vita e lo sviluppo, in un luogo “smart”?
“Io ci credo, si può fare. Non ho mai pensato di abbandonare la mia città, nonostante tutti i suoi problemi. Resto qui, non fuggo”, sentenzia Zigon con un pizzico di orgoglio. Un plastico dello stabilimento di Pignataro Maggiore è esposto, proprio in questi giorni, alla Fiera dell’energia di Dubai. E’ il modello di fabbrica intelligente, di “smart grid”, uno dei primi esempi concreti di utilizzazione efficiente dell’elettricità in Italia. Ma una cosa è la fabbrica, un’altra la città. “E’ così. Ma noi dobbiamo pensare anche al futuro. Non possiamo gestire solo l’emergenza ordinaria”.
Quando prenderà forma l’area metropolitana, Napoli diventerà la seconda città Italiana e una delle più grandi in Europa. “Per questo abbiamo il dovere di pensare al suo futuro. E, io immagino, uno sviluppo su tre gambe: turismo, cultura e industria tecnologicamente avanzata”.
Per mostrare che non sono solo parole, poco più di un anno fa Marco Zigon ha creato Mef, sigla che sta per Matching Energies Foundation, una fondazione che ha due obiettivi: promuovere la cultura dell’energia; catalizzare e integrare le risorse creative del territorio.
Il primo passo è stato di offrire al Comune uno studio di fattibilità progetto per trasformare uno dei quartieri di Napoli in un’area smart, dove sperimentare modelli e tecnologie esportabili poi in tutta la città. “Porteremo qui pratiche e strumenti già sperimentati in altre città d’Europa e del mondo, mettendo a disposizione il meglio di cui disponiamo”. Nel progetto saranno coinvolti il Cnr, il Politecnico di Milano, l’Università di Napoli e mentre l’Enel distribuzione ha manifestato interesse per l’iniziativa.
Un passo troppo lungo considerando il difficile momento della città? “Non è affatto così. Non ci si può limitare a gestire l’ordinario perdendo di vista lo sviluppo futuro di Napoli. Siamo consapevoli del fatto che la crisi è figlia di decenni di cattiva amministrazione e le responsabilità vanno equamente distribuite tra la classe politica e quella dirigente. E, in quest’ultima categoria ci sono anche gli imprenditori. Ma ora dobbiamo unirci per strappare la città a un futuro che sembra di inarrestabile declino”. Da questo punto di vista, insiste Zigon, anche gli imprenditori devono fare di più per impegnarsi nel sociale. “Per noi le tecnologie devono essere al servizio della città. Devono diventare cittadinanza attiva”.
Il primo passo è stato fatto firmato un accordo di collaborazione con il Comune di Napoli. La Fondazione si è impegnata a regalare all’amministrazione il suo progetto. Chiedendo solo una cosa: individuare l’area in cui sperimentare le nuove tecnologie. Tutto a posto allora? Macché: il protocollo è stato firmato un anno fa. Dodici mesi dopo dal Comune non è arrivata ancora risposta una presa d’atto formale. Zigon è fiducioso. Attende. Ma ancora una volta i tempi della politica rischiano di essere distanti anni luce da quelli dell’economia.
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