Nell’estate del 1992 avevo 18 anni. Andavo al mare al Calypso. Era uno stabilimento piccolo, frequentato da tranquilli vacanzieri di mezza età.
Confinava con Istria, che allora era lo stabilimento massimo per noi adolescenti non ancora fighetti e non ancora alternativi, gli anni ’90 erano appena iniziati. Quell’estate vissi una delle storie d’amore più intense e sintomatiche di tutti i tempi. Mi “fidanzai” con una bella e macilenta quindicenne che studiava all’Istituto d’arte. Il sapore delle sue labbra, il profumo dei suoi capelli, lo ricordo ancora. La nostra relazione durò parecchio: sei giorni. Lei mi accusò, per canali indiretti, di non prestarle troppa attenzione, di fare lo stupido con le altre, di essere immaturo…
Il pomeriggio che la quindicenne mi lasciò, però, soffrii, o meglio, simulai una terribile quanto insanabile afflizione amorosa. Mi ubriacai di rum e gin e poi trascinai a casa (a spinta perché m’era finita la benzina, e non avevo una lira), “November Rain” dei Guns’n’Roses in cuffia, il mio fenomenale scooter, un glorioso Yamaha 50 che toccava i 90 km e con cui ero solito catapultarmi come un kamikaze nella discesa a 90 gradi dei Colli, di ritorno da scuola, frequentavo l’altrettanto glorioso Liceo scientifico da Vinci e in quell’estate dei miei 18 anni ero stato rimandato in ben tre materie, con la media del 7 in pagella, colpa di due sospensioni comminatemi dal preside social-reazionario di allora, Walfrido detto Wolf, perché lottavo per la guerriglia di classe in classe, Io…
E quell’estate lessi come non avrei mai più letto in vita mia, lessi da sobrio e da ubriaco, lessi trenta libri in tre mesi, lessi “Bouvard e Pécuchet” di Flaubert e “La luna e i falò” di Pavese, lessi “I dieci giorni che sconvolsero il mondo” di John Reed, fu l’estate delle notti che non terminavano mai, dell’uscire tutte ma proprio tutte le sere, delle partite interminabili a biliardino, delle sbronze di wodka lemon ghiacciata, dell’amore, quello vero, che sì, di sicuro prima o poi sarebbe arrivato, meglio poi che prima, delle prime fondamentali idiosincrasie l’estate in cui credevi che certe amicizie non sarebbero finite mai, l’estate più bella della mia vita.