Un progetto scritto da CanaPuglia, grazie alle risorse regionali ottenute con il bando “Principi attivi”, ma soprattutto grazie alla voglia e la caparbietà di un uomo che ha deciso di restare e di lottare per la propria terra. Questa è la storia di Angelo Fornaro settantenne che, a dispetto di tutti, dello sviluppo “che ha fatto scempio di quei poveri ulivi, a causa della speculazione edilizia”; dei veleni dell’Ilva, che hanno avvelenato il territorio e a causa dei quali ormai tanta gente soffre (l’Ospedale Nord, l’ospedale dei bambini e dei lavoratori ammalati di tumore), come conseguenza di scelte sbagliate, ora osserva la sua piccola nipotina, seguendola con lo sguardo assorto e pieno di speranza, mentre getta i semi di canapa tra i solchi nel terreno bagnato, precedentemente preparato da mani sapienti.
Il luogo è una masseria, non molto distante dall’Ilva, tramandata da padre in figlio da quattro generazioni: “Prima mio nonno Francesco – ha ricordato il signor Angelo – poi mio padre Vincenzo. Ora i miei figli Vittorio, Maria, Vincenzo e Rosanna. Domani Vittoria e Rosa”.
Nel 2008 centinaia di pecore contaminate dovettero essere abbattute ma loro non ci stanno, non vogliono assolutamente abbandonare la loro masseria per questo seminano canapa, “per tornare un giorno a raccogliere frutti”.
Da qui l’appoggio di Canapuglia e delle risorse regionali ottenute grazie al bando “Principi attivi” che con un investimento iniziale di 3mila euro punta a una “fioritura in 180 giorni“.
“Iniziamo con tre ettari – hanno fatto sapere il presidente di CanaPuglia Claudio Natile e l’ingegnere ambientale Marcello Colao – e contiamo sulle proprietà di fitodepurazione della canapa grazie alla quale sarà possibile bonificare il terreno dai metalli pesanti e rigenerarlo, con la speranza di preservare la falda acquifera. Magari poi passeremo anche all’utilizzo di altre specie vegetali come il lino, l’amaranto e il kenaf, anch’esse capaci di ridurre l’inquinamento”.
Si ricomincia dunque dalla masseria simbolo del disastro che ha colpito le terre del tarantino. E’ la “semina del futuro”,la chiama così Angelo Bonelli il co-portavoce dei Verdi, mentre Guglielmo Minervini , assessore regionale ha scritto parole d’apprezzamento su Facebook.
Angelo Fornaro intanto dopo aver scavato tra i suoi ricordi ripensa al lontano 1960, quando perse 110 ettari della “Zitarella” (il vecchio nome della sua campagna). Gli furono espropriati proprio per far posto all’azienda siderurgica. “Mio padre è morto qui di crepacuore – conclude – e mia moglie mi ha lasciato nel 2003 a causa di un sopraggiunto tumore al seno. Ma io questa terra non l’abbandono”.