Sono un calabrese cresciuto all’estero, dentro una bolla di tradizioni italiane che faceva entrare poche cose dal Venezuela, il paese che ci aveva ospitato.
Per fortuna, crescendo, alcune cose le ho assorbite e sono diventato quello che oggi sono: un calabro-venezuelano ad hoc.
Due anni fa ho deciso di tornare nella terra dei miei nonni per fare La Guarimba, un festival di cinema internazionale, a ingresso libero e senza nessun complesso d’inferiorità, con la voglia di far conoscere al mondo Amantea, il paesino delle mie radici, e ospitare qui registi, produttori e amanti del cinema.
L’idea è iniziata a Madrid, in mezzo alla crisi e la paura di non avere un futuro. Il primo anno abbiamo trovato il mitico Arena Sicoli, un cinema di 938 posti all’aperto che era abbandonato da un bel po’, e così ci siamo messi a lavorare insieme alla comunità e abbiamo rimesso a posto il cinema per poter fare la prima edizione del festival. Adesso stiamo preparando la terza edizione, dopo tante disavventure e tante cose belle.
In questo processo ho imparato un bel po’ di cose sulla terra dove vivo e la progettazione culturale in generale e vorrei condividerle soprattutto per i calabresi che stanno pensando che il successo è altrove, quando qui c’è tutto da costruire.
1. Investi nei tuoi sogni tempo e denaro: se non ci credi tu, allora chi? Credo che siamo abituati troppo male sul fatto che lo Stato o la famiglia debbano darci tutto, che se non c’è il bando pubblico non posso iniziare, eccetera. Vedo idee bellissime di persone che non vogliono provarci. Quando ho fatto la prima edizione del festival, mi sono trasferito da Madrid ad Amantea e ho investito tutti i miei risparmi per un semplice motivo: come dicevo a uno sponsor di darmi soldi se io non ci avevo investito nulla?
2. Rispetta i tuoi valori e non cadere a compromessi. Questa è una cosa molto difficile in un posto che, nel bene e nel male, ha tradizioni forti come la Calabria. Però per cambiare le cose dobbiamo cambiare certe tradizioni. Non credo in quelli che decidono di divorziare dalla politica e non aver nulla a che fare con le istituzioni, perché é un modo di darla vinta. Credo invece nel dialogo ma senza svilire i propri valori, facendo capire al politico di turno l’importanza di un progetto determinato con delle specifiche condizioni.
3. Crea una rete di persone che condivida le tue motivazioni. La Calabria mi ha insegnato la voglia che ha la gente di stare con la gente. C’è una buona parte di calabresi curiosi, pieni di voglia di parlare, di essere ascoltati e sopratutto di mettersi a fare ma non tutti devono essere pionieri. Molti vogliono semplicemente essere parte di qualcosa.
4. Immagina il tuo progetto da adesso a un anno e da adesso a dieci anni. Lavora ogni giorno per arrivare a quello che hai in mente per il decennale. Tante manifestazioni si fanno solo per fare. Un giorno uno si sveglia, si inventa un festival, una sagra, una conferenza, la fa una estate e dopo non si fa più. La stessa cosa per le aziende che aprono due mesi e dopo spariscono. Dobbiamo pianificare, creare una strategia e sopratutto dobbiamo credere con ottimismo nel futuro, nel nostro futuro.
5. Tutto si trasforma se hai la capacità di attirare forze positive. Questo punto mi fa sempre sorridere perché capisco che può leggersi troppo new-age, da millenial stregone, ma ha una base sulla esperienza. Quando ho iniziato a fare il festival, ho trovato tante critiche ma anche tante persone ed eventi che sono scattati per fare possibile il festival. È un po’ come l’agricoltura: uno deve coltivare e qualcosa nascerà. È un processo difficile in questa regione ma dobbiamo provare a pensare e a cercare, senza essere sciocchi, il bene che c’è in giro e metterlo insieme per crearne una forza.
6. Tutto è migliorabile. Spesso noi calabresi abbiamo una cosa molto brutta: l’arroganza. Crediamo di saper fare tutto meglio degli altri e siamo molto sensibili alle critiche, forse anche perché siamo molto propensi a criticare il lavoro dell’altro. Però è importante capire che quello che stiamo facendo è sempre migliorabile, non necessariamente da un altro ma anche da noi stessi. Dobbiamo vivere il nostro progetto senza limiti, sapendo che la prima edizione non sarà mai così bella come la seconda, credendo nel futuro. Se rimaniamo fermi alla nostra prima invenzione, questa sarà vecchia domani.
7. Ascolta tutte le opinioni. Anche quelle delle persone che non rispetti. Il primo anno per me è stato molto difficile perché stavo portando avanti un progetto con molto amore e tanti sacrifici e ho letto cose su di me da persone che non mi conoscevano neanche, del tipo che mi rubavo i soldi, che non stavo facendo nulla di nuovo, eccetera. Dopo ho capito che non era una cosa personale ma un problema generale della nostra società e così ho letto tutto. All’inizio rispondevo alle critiche, poi ho deciso di non leggere più cavolate e continuare a lavorare. Però tutto questo mi è servito a capire il contesto ed essere più attento al modo di comunicare certe decisioni. È importante capire sempre il luogo dove si svolge l’idea. Sono dell’idea che Steve Jobs in Italia avrebbe fallito.
8. Fallisci. Non c’è un altra strada per il successo. Siamo abituati, da piccoli, ad avere paura del fallimento, a credere che se non abbiamo successo come il calciatore della tivù non siamo nessuno, e questa paura ci crea un’altra paura: quella di fare. Allora non falliamo, perché neanche ci proviamo. Il fallimento è la cosa più nutritiva che può succedere nel tuo progetto, sempre se capisci il perché e il come è successo. La Guarimba è una storia di fallimenti che hanno creato un festival.
Per chiudere, sinceramente non credo che dobbiamo cambiare la Calabria ma riprendere i valori belli che esistono e sono tra di noi perché le persone non cambiano ma si nascondono. Per un cambiamento basta mettere insieme le cose belle che esistono qui e allontanare quelle brutte, creare una forza nell’insieme, facendo una delle cose più difficili che esistono: ascoltare.
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