Il nostro Paese sta attraversando un periodo non tra i più semplici; in molti hanno tentato di proteggerlo, ma purtroppo con scarsissimi risultati. Non si tratta unicamente di una crisi economica e politica ma anche, e soprattutto, di una crisi di valori. L’unica speranza sono tre santi, Sant’Ambrogio, San Pietro e San Gennaro che dovranno collaborare tra loro per far sì che un Dio, ormai troppo stanco e anziano, non decida di cancellare definitivamente l’Italia e i suoi abitanti. Questo è quello che succede nella brillante commedia “Oggi sto da Dio” portata in giro per i teatri da Sergio Assisi, protagonista insieme a Bianca Guaccero, Fabrizio Sabatucci e Giancarlo Ratti. L’abbiamo visto nei ruoli più diversi, da “Capri” a “Una coppia modello” in tv, da Euripide, Shakespeare fino ad arrivare a Goldoni a teatro e da “Ferdinando e Carolina”, a “Amore e libertà” al cinema. Sergio Assisi non è solo questo, non è soltanto un grande attore. Quello che colpisce è la straordinaria semplicità attraverso cui si racconta, ripercorrendo le tappe che, secondo me, hanno segnato la sua carriera. La sua sensibilità, il suo carattere spiritoso ed aperto, unito al carisma, alla solarità e al sorriso contagioso, ne fanno una persona fuori dal comune nel panorama dello spettacolo italiano.
Chi è Sergio Assisi oggi?
Per metà, è quello che avrebbe voluto essere da piccolo. E’ riuscito ad avvinarsi e, in gran parte, anche a realizzare i suoi sogni. Per l’altra metà ahimè, la vita e la realtà l’hanno messo di fronte ad altro. Ha tuttavia ancora quell’entusiasmo, quella gioia e quella grinta che gli permettono di continuare a fare quello che sta facendo, ovvero quello di cimentarsi sempre in nuove ed entusiasmanti avventure.
Hai sempre saputo che avresti fatto l’attore?
Posso dirti che sono sempre stato attratto dalla medicina, dall’astronomia e dalla scienza. Da piccolo, volevo essere sempre al centro dell’attenzione, sia in famiglia sia con gli amici. Probabilmente questo nasceva anche da una mia insicurezza, nel senso che volevo essere accettato per quello che ero, avevo sempre una gran voglia di far sorridere e ridere coloro che mi stavano intorno. Credo che tutti gli artisti traggano la propria creatività dal fatto di voler esistere, dal fatto di voler essere accettati e forse questo desiderio deriva in parte anche da una propria insicurezza.
Hai studiato teatro al Bellini con Tato Russo, hai poi recitato per la Wertmuller, un inizio ottimo, no?
Davvero straordinario! Avevo circa 23 anni e venivo dal teatro; nella mia inesperienza, ero convinto che da quel momento il mio destino fosse già scritto e che la mia strada fosse tutta in discesa; in realtà, non era così, il cammino per inseguire il mio sogno sarebbe stato ancora molto spinoso.
Hai recitato molto in teatro portando in scena le opere di Moliere, Shakespeare, Eduardo Scarpetta e Goldoni, come dovrebbe migliorare il teatro in Italia?
Anticamente gli artisti venivano seppelliti fuori dalle mura della città perché considerati coloro che disturbavano l’equilibrio quotidiano. Oggi come oggi, il teatro, ma anche l’arte in generale, sta vivendo un periodo difficile; siamo in un vero e proprio genocidio culturale, secondo me. Quello che manca è l’educazione alla bellezza; si dovrebbero educare le nuove generazioni alla bellezza per far sì che non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.
Hai preso parte anche a fiction che per varie ragioni sono rimaste nel cuore del pubblico. Penso al personaggio di “Elisa di Rivombrosa”, di “Assunta Spina”, di Umberto in “Capri” e al “Commissario Nardone”, solo per citarne alcuni. In che modo riesci a calarti così bene in ruoli così diversi?
Beh, innanzitutto Grazie! Mi hai fatto un bellissimo complimento! Secondo me, nessun attore può totalmente uscire da se stesso per calarsi in un personaggio, c’è e ci sarà sempre una parte di noi nel ruolo che stiamo per interpretare. Non mi sono mai considerato un artista, ma semplicemente un buon giullare che cerca di trasmettere un po’ di emozioni, un po’ di speranza e anche un po’ di allegria, perché attraverso un sorriso e una risata si riesce a comunicare anche qualcosa di profondo.
Un altro personaggio molto amato è stato anche quello Adriano in “Una coppia modello” del ciclo per Rai1 “Purchè finisca bene”. Ha avuto un enorme successo. Ritieni che oggi come oggi ci sia sempre di più il bisogno di avere un lieto fine?
Secondo me sì. Oggi si parla molto della crisi che sta investendo il nostro Paese, una crisi economica, finanziaria e politica, ma, secondo me, tutto questo parte da una crisi culturale che sta sempre più investendo l’uomo. In questo clima, c’è un assoluto bisogno di dare speranza; il cinema e la televisione possono fare molto e il ciclo “Purchè finisca bene” credo davvero ci sia riuscito. D’altro canto, l’essere umano non fa altro che oscillare tra l’amore e la morte, tra la morte e la bellezza. Sinceramente, preferisco l’amore e la bellezza; ho sempre preferito le cose che mi fanno ridere rispetto a quelle che mi fanno piangere.
Sei in tournée teatrale con “Oggi sto da Dio”. Com’è nato questo spettacolo?
Tutto è nato davanti a un piatto di spaghetti. Mi trovavo al mare con Fabrizio Sabatucci, c’era un bel sole e io ad alta voce ho detto: “Oggi sto da Dio” e da lì è nata l’idea di farne uno spettacolo teatrale da portare in giro per l’Italia. Dovremmo vivere con entusiasmo sempre perché se tutti ci mettessimo passione in quello che facciamo, probabilmente il nostro piccolo grande Paese sarebbe migliore di quello che è.
Il segreto del suo successo?
Perché comunica speranza, credo. E’ uno spettacolo che non fa propriamente ridere, ma sorridere permettendo anche di riflettere. Ha successo anche perché credo che il pubblico avverta che noi attori ci divertiamo davvero molto in scena. Il cinema italiano continua a esistere perché ci sono artisti che continuano a crederci, che continuano a sognare senza mai arrendersi, senza pensare sempre e unicamente al profitto e al guadagno.
Cosa vorresti arrivasse al pubblico alla fine di questo spettacolo?
Posso dirti che io amo moltissimo l’Italia; mi piange il cuore quando, di tanto in tanto, mi viene il desiderio di andarmene, perché sarebbe come abbandonare il mio essere italiano. Sono pienamente convinto in un risveglio del nostro Paese, quando meno ce l’aspettiamo. L’Italia è una nazione che ha insegnato al mondo quasi tutto e quello che davvero che vorrei passasse, attraverso questo piccolo spettacolo teatrale, è un’immagine positiva di questo Paese.
Quest’intervista verrà pubblicata sul portale Resto al Sud, progetto culturale che invita a resistere, a non lasciare le terre del Sud al malaffare, alla corruzione e all’ignoranza. Per quali motivi secondo Sergio Assisi non si dovrebbe mai lasciare il Sud?
Penso che gli abbandoni non siano mai una bella cosa. E’ più facile arrendersi che continuare a lottare, è più facile fuggire che resistere, tutto sta nella coscienza di ognuno di noi. Posso dirti che io cerco di resistere perché amo follemente questo Paese, perché questa è la mia lingua, e, raccontare le storie con questa lingua è troppo bello, perché vorrei che gli uomini di domani conoscessero questa terra, la amassero e la migliorassero.
Dove ti vedremo prossimamente?
Sto per terminare una fiction e un film per il cinema; inoltre, a ottobre, vi invito a vedere “A Napoli non piove mai”, il mio primo film, una favola sull’amicizia e sull’amore.
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