Enrico Ianiello conquista la popolarità interpretando Vincenzo Nappi, il commissario della nota fiction targata Rai1 “Un passo dal cielo” a fianco di Terence Hill. Ha preso parte anche al film “Habemus Papam” di Nanni Moretti. Da giovedì 16 aprile lo ritroviamo al cinema con “Mia madre” sempre diretto dal grande Nanni, un film che scava in profondità e che cerca di essere un manifesto del nostro presente, molto complesso e anche problematico. Enrico è un serio professionista che si divide tra cinema, teatro e tv. Ha esordito recentemente come scrittore con il romanzo “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin”.
Chi è Enrico Ianiello oggi?
Domanda molto complicata. Credo che sia lo stesso Enrico di venti anni fa, con la differenza sul fatto che ha visto concretizzarsi diverse cose su cui ha investito in giovinezza con tanto entusiasmo.
Da oggi sei al cinema con “Mia madre”, il nuovo film di Nanni Moretti. Per quali motivi hai accettato di far parte di questo film?
Perché Nanni Moretti è un regista che amo da sempre; è stato uno dei miei riferimenti culturali della mia gioventù e posso dirti che lavorare per la seconda volta con lui per me rappresenta un grande risultato. Nanni ha visto tutti i miei spettacoli teatrali, mi ha sempre seguito e questo per me per me è sempre stata una grande gioia. In questo film, mi ha offerto un ruolo molto significativo e non potevo che esserne felice.
Interpreti Vittorio, ci racconteresti meglio del tuo personaggio?
E’ il compagno di Margherita Buy, è un attore che recita nel film che lei sta girando. Vive un momento di grande difficoltà che, di fatto, sta vivendo anche lei.
Perché quest’ultimo film di Nanni Moretti è imperdibile?
Perché credo che questo film possa rappresentare Nanni al massimo livello, ovvero una grande ironia e, allo stesso tempo, commozione su temi davvero profondi.
Quando e perché hai deciso di fare l’attore?
L’ho deciso intorno ai 17 anni con le prime commedie all’oratorio. La prima vera conferma che io potessi davvero fare questo mestiere è stata quando mi hanno preso alla bottega di Gassman nel 1989; da lì, è partita la mia avventura.
Ti abbiamo visto su Rai1 nel ruolo del commissario Vincenzo Nappi. Come ti sei preparato per questo ruolo? Cosa c’è di tuo in Vincenzo e cosa c’è del commissario in te?
Mi sono preparato cercando di lavorare su una figura che ha un potere anche molto forte sugli altri ma vedendola come una figura di servizio. Ho cercato in tutto quel repertorio di mezzi espressivi napoletani dal quale provengo, scegliendo quelli che reputavo i migliori, ovvero quelli inappuntabili ma dotati di una forte carica umana. E’ uscito un personaggio simpatico, affidabile ma molto serio sul lavoro.
Per quali motivi il tuo personaggio è piaciuto così tanto?
Perché è un gran bell’uomo! (ride) Credo che emerga la familiarità che traspare di questo personaggio, senza cadere in sciatteria. Vincenzo riesce sempre a mettere a proprio agio, ha i suoi difetti, anche se forse sono anche i punti di forza che lo rendono divertente e amabile.
Stai girando per l’Italia con il tuo romanzo “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin”, come nasce questa passione per la scrittura e perché scrivere questo libro? Ci diresti meglio di è Isidoro?
La passione per la scrittura nasce dalla lettura; sono sempre stato un lettore accanito, di tutto, in particolare di narrativa e di saggistica legata al teatro. L’idea di questo romanzo nasce dalla voglia di scrivere qualcosa che desse un po’ d’incanto anche in un’epoca come la nostra. Ho scelto Isidoro perchè volevo un protagonista incantato e meravigliato dato che, oggi come oggi, siamo circondati da persone disincantate e ciniche. E’ un bambino che nasce con una gola di uccello, è cioè capace di comunicare sia con i bambini ma anche con i volatili. Insieme a un merlo indiano, elabora un vocabolario fatto di fischi per insegnare ai poveri un linguaggio completamente nuovo.
Sei in tournée teatrale con “I giocatori”, uno spettacolo davvero molto seguito. Qual è il segreto del tuo successo?
A dire la verità non saprei. Cerco sempre di rimanere me stesso e di continuare a proporre cose che mi sono sempre piaciute. “I giocatori” è visto ora da più persone e questo mi fa molto piacere; quello che posso dirti è che a me non importa molto che gli spettatori siano cento o novecento, quello che conta è dedicarmi in tutto e per tutto a quegli spettatori che ci concedono un po’ del tempo della loro giornata, emozionandoli.
Quest’intervista verrà pubblicata in Resto al Sud, un giornale, un portale e anche un movimento culturale. Invita a non abbandonare mai le terre del Sud. Per quali motivi secondo te non si dovrebbe mai lasciare il Sud?
Non so se si debba o meno lasciare il Sud, posso dire che il Meridione è bellissimo ma anche terribile. Sono campano e continuo a “frequentare” quella terra, vedendone i pregi ma anche i difetti. Secondo me, dovremmo tutti ricominciare a guardarci allo specchio; per tanti anni, abbiamo visto quanto possiamo essere brutti. Ora è tempo di cominciare a vedere quanto possiamo essere capaci di essere belli e di inseguire questa capacità, anche se ci comporta una certa amarezza.
Dove ti vedremo prossimamente?
A maggio, gireremo il film di “I giocatori” a Napoli e credo possiate vederlo in autunno su Rai3.
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