Per imparare dai migliori bisogna prima conoscerli. Da questa idea è nato l’ultimo progetto dell’incubatore Consorzio Arca e di EIT Health, che ha visto al centro della scena tre grandi startupper dell’ambito medico. E tra di loro anche due palermitani, che hanno offerto le “chiavi per il successo” di una startup del settore.
Un’occasione per parlare delle difficoltà delle startup
“Fare startup nel settore salute: buone pratiche e storie di successo”: questo il titolo di un ciclo di tre incontri organizzato dall’incubatore dell’università di Palermo ed EIT Health, la rete dell’Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (EIT) dedicata a chi opera nella sanità. Gli speaker, che hanno risposto a domande sul loro percorso, erano Ivan Porro, Alessandro Monterosso e Agnese di Garbo.
Al centro le loro storie: tutte nate da una “pazza idea” che ha portato alla nascita di imprese riconosciute a livello internazionale. Moderatore degli incontri Fabio Bruno, che da tempo si occupa proprio di startup. È infatti il conduttore del podcast Start Me Up, ed ha permesso di creare un ponte tra curiosi e imprenditori, i quali hanno raccontato possibilità e difficoltà di chi vuole fare il loro percorso.
Difficoltà vere e tangibili, come racconta Monica Guizzardi, responsabile comunicazione del Consorzio Arca. “Per una startup del settore della salute, dal biomedicale al farmaceutico ai servizi alla persona, il percorso che dall’intuizione porta all’immissione sul mercato del prodotto validato è più lungo e tortuoso rispetto ad altri settori”. E continua: “Spesso si tratta di idee che valorizzano risultati che vengono dalla ricerca, ci sono di mezzo brevetti, servono certificazioni che sono molto complesse da ottenere”. Proprio per questo motivo diventa importante il confronto con l’individuo dietro all’idea, con tutta la sua esperienza.
Ivan Porro, un’idea che vale 4 round di investimenti
Il primo speaker è stato Ivan Porro, che con la sua SurgiQ è riuscito a creare un supporto “intelligente” per ospedali e aziende sanitarie innovativo. Grazie ad un software basato su un’intelligenza artificiale, infatti, permette di automatizzare la programmazione dei trattamenti ed ottimizzare le risorse.
Un’idea così utile che ha già concluso 4 round di investimenti. Nell’ultimo – che è valso 410mila euro – ha acquisito la fiducia anche del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti venture capital.
Tra i 100 manager italiani di Forbes, Alessandro Monterosso
Di PatchAI se ne parla già da un po’, tant’è che è stata acquisita dalla multinazionale Alira Health a novembre di quest’anno. Al suo comando c’è il giovane Alessandro Monterosso, che è stato il secondo protagonista del ciclo di incontri sulle startup medtech. Proprio lui era stato anche inserito nella top 100 dei manager italiani secondo Forbes.
Tra i punti salienti della sua esperienza il round di investimenti conclusosi a gennaio di quest’anno, di ben 1,7 milioni di euro, e la vittoria della competizione di EIT Health denominata “Catapult”. La sua startup, attraverso l’uso di un’intelligenza artificiale, vuole migliorare la ricerca clinica, oltre che la pratica clinica standard, coinvolgendo il paziente nel processo di trial clinico attraverso un assistente artificiale empatico.
Le neurotecnologie hanno sede a Palermo: Agnese Di Garbo
Terzo incontro dedicato ad Agnese Di Garbo, che ha presentato una startup dedicata alle neurotecnologie tuta palermitana. Il nome è Restorative Neurotechnologies, ed è nato da una ricerca accademica lunga vent’anni. Insieme a lei nel team di lavoro Massimo Oliveri, medico neurologo e professore ordinario di Neuroscienze cognitive.
Il loro prodotto si chiama “Mindlenses“, delle lenti prismatiche da alcuni giudicate “lo strumento più innovativo e completo nel panorama europeo”. A queste lenti, infatti, si collega un’app di serious games, ovvero di strumenti di apprendimento. L’obiettivo ultimo è quello di stimolare l’attenzione, la memoria, il linguaggio e le funzioni cognitive di chi le indossa.
Le regole per avere una startup di successo in ambito medico
Alle fine degli incontri i “puntini” sono stati collegati, e ci si è potuto fare un’idea di quali siano davvero i punti forti di una startup di successo. Questi possono essere riassunti in 7 regole:
- Avere un gruppo forte è a volte più importante dell’idea alla base di una startup. Le persone che collaborano a un progetto non devono soltanto andare d’accordo, ma lavorare bene. Questo vuol dire portare diverse abilità e competenze e riuscire a coniugarle bene.
- Non cercare di fare tutto. Imparare a delegare è fondamentale soprattutto quando si parla di ricerca medica.
- Chi investe dev’essere scelto. Molti credono che siano gli investitori a scegliere la startup, ma anche questa categoria può rappresentare una serie di valori che non vanno d’accordo con l’ambito in cui si vuole operare. In poche parole, bisogna cercare di creare un network che dia più credibilità possibile all’impresa. Questo va ben oltre la questione economica.
- Investire tempo sul networking. Partecipare a competizioni ed eventi (ancora meglio se di respiro internazionale) è importante per conoscere le persone giuste e confrontarsi con chi si occupa di ambiti simili al proprio.
- Ascoltare chi è interessato al prodotto. È colui che lo utilizzerà davvero. Per questo motivo non ci si può limitare a pensare alla propria immagine ideale, ma bisogna implementare caratteristiche che la rendano utilizzabile e vengano incontro ai bisogni del cliente.
- Comunicare in modo efficace con il proprio target. L’obiettivo di un’azienda così specializzata come una startup è quello di essere conosciuti dalle persone giuste. Per farlo bisogna spiegare di cosa ci si occupa nel modo più semplice ed efficace possibile, senza quindi risparmiare sul marketing e le relazioni col pubblico.
- Non allontanarsi dalla propria missione. Vision e mission in un’azienda sono il vero obiettivo, dal quale non bisogna mai allontanarsi.
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