Se fosse stato vivo Andy Warhol, ne avrebbe sicuramente fatto un soggetto per le sue opere. Come la Coca cola, come Marilyn e la prima pagina del Mattino sul terremoto “Fate presto“. Roberto Saviano icona popolare, star del mondo giovanile e giovanilista nell’era del 2.0 e della comunicazione globale.
Ne è stata conferma la fila da concerti al teatro del quartiere Sanità di Napoli, per la prima presentazione del suo nuovo libro, stavolta dichiaratamente di fiction sebbene ispirato, per ammissione dell’autore, all’ordinanza di due magistrati di Napoli sui giovani criminali con aspirazioni di capi paranza.
A prescindere da quello che scrive, a prescindere dalle sue opere che ne qualificano l’attività di scrittore, il pubblico non celebra l’autore, ma il personaggio che ha conquistato notorietà globale e vendite inimmaginabili per l’odierna editoria, sempre con il suo primo libro. Le file per partecipare alle presentazioni, per toccare l’idolo, per consegnargli regali e pensieri, per piangere commossi alla sua presenza sono manifestazioni di pubblico da star system. Come i Beatles da immagini degli anni ’60, con le ragazzine piangenti a strapparsi i capelli.
Si è celebrata da tempo su Saviano una frattura tra opera e suo autore, tra cosa scrive e la sua attività extraeditoriale. L’immagine e l’idea Saviano assorbe tutto. Icona contemporanea, incarna l’emozione che, in lui, vede l’eroe moderno che da solo combatte contro il crimine organizzato, censore di tutti i poteri corrotti, analista di qualsiasi fenomeno moderno. L’età all’inizio ha aiutato: il pubblico giovanile è meglio disposto verso i coetanei, ma poi si affeziona, crescendo con i suoi idoli, anche quando si avvicinano agli anta.
Eppure, a differenza di un Nobel della letteratura come Hemingway o di un grande scrittore come Fante, la storia personale di Saviano, le sue esperienze dirette non sono argomento delle sue narrazioni. Non ci sono le sue passioni, le sue aspirazioni. Non c’è esperienza personale in prima persona, ma l’artifizio letterario dell’io narrante che fu usato anche da Ferdinando Russo nelle “Memorie di un ladro” quando raccontò nel 1907 la camorra dell’epoca.
Un io narrante che rilegge e interpreta. Plasma materia osservata, rielaborandola. E’ in fondo l’ispirazione che ha mille canali, si rifa a letture, a atmosfere, a racconti che diventano sempre materia prima trattata poi con stile personale, filtrata attraverso una propria sensibilità e una conoscenza acquisita. La creatura libro, che in quest’era rischia sempre di diventare oggetto per pochi, con Saviano diventa un abito, spesso poco conosciuto fino fondo da chi lo guarda, per proiettare sulla star le proprie aspirazioni di successo, i propri desideri di coraggio, la propria ansia di riferimenti ideali da amare. Deleghe da immedesimazione, come in tutti i meccanismi proiettati sulle star.
Per il pubblico i libri sono pretesti, se si guarda alle copertine giornalistiche mondiali, alle partecipazioni televisive, ai format confezionati per l’idolo che, spiegando il crimine e le sue psicologie, tiene viva l’attenzione di ascoltatori, telespettatori e lettori che in lui vedono un’icona di legalità, un eroe di riferimento. Ma, quel che più importa nella psicologia del fan, un personaggio di successo.
Nulla importa al pubblico se la camorra di “Gomorra la fiction” o dell’ultimo libro non è la stessa camorra (ce ne sono diverse in Campania), che ha provocato l’assegnazione della scorta a Saviano. Ma questo, anche qui, è argomento che non interessa. E’ la fenomenologia di una delle principali figure della cultura pop italiana degli ultimi anni invece il tema di queste riflessioni.
Un mito che si alimenta con le partecipazioni televisive (da Fazio, ad Amici, a Uomini e donne con Maria De Filippi), le interviste, ma soprattutto con le dichiarazioni senza filtro, come oggi si usa, attraverso i social. Dichiarazioni quasi sempre rilanciate dalle agenzie di stampa, per la popolarità e la presa del personaggio che fa sempre notizia.
Alla fine, non c’entra più la camorra, non c’entrano più le mafie italiane. Avvertendo il rischio della ripetitività, anche Saviano, consigliato evidentemente dai nuovi editor Feltrinelli, ha spiegato che l’ultimo libro è ambientato a Napoli, ma è metafora di una gioventù criminale persa di tutto il mondo. E non c’è da dargli torto, se si leggono le statistiche dei 50 giornalisti uccisi in Colombia dalla criminalità, dove sono centinaia anche i poliziotti uccisi. Come in Brasile, o in Russia. Ma, oltre il contenuto, resta l’icona pop, che tanto sarebbe piaciuta a Warhol che riprodusse anche Che Guevara nelle sue immagini di arte “oggetto di consumo”.
Dal blog de ‘Il Mattino’.