Se buona parte delle startup falliscono, come si fa ad evitare che ciò avvenga? E quali sono i fattori di successo di una startup e gli errori da non commettere? Come racconta Massimo Varrone di Campania Newsteel, per capire il perché di così tanti fallimenti bisogna anzitutto capire cos’è una startup e quali sono gli errori più comuni degli startupper.
Che buona parte delle startup falliscano è risaputo, ne hanno scritto in tanti. Alcuni hanno addirittura detto che è un dato positivo, perché fortifica i soggetti coinvolti. Fatto sta che questo fenomeno è una realtà sempre più in evoluzione, e sulla quale si sta investendo molto. Il primo passo quando si vuole creare questo tipo di impresa, però, è capire che cos’è una startup.
“Esistono due definizioni di startup: quella italiana e quella di tutto il resto del mondo” commenta Varrone, responsabile dell’incubatore Campania Newsteel. In Italia, infatti, sono startup una serie molto eterogenea di imprese, al punto tale che si potrebbe dire che qualsiasi impresa nata adesso può essere considerata tale. “Ma le startup in realtà sono caratterizzate da un fattore chiave: la scalabilità, ovvero la possibilità di crescere in pochissimo tempo“. Ben lontano dalle aziende più tradizionali, dunque, proprio perché si tratta dei cosiddetti “unicorni”, ovvero qualcosa di talmente innovativo da essere unico nel suo genere.
Buona parte dei problemi delle startup meridionali, in realtà, sono gli stessi di tutte le imprese di questo tipo, specialmente in Italia. Nello specifico la difficoltà più grande è quella burocratica: più tempo separa lo startupper dal mercato, più è la possibilità di fallimento. Nel caso italiano, a volte l’amministrazione non è molto trasparente, o quantomeno poco chiara per chi non è del mestiere, e il rischio è di vedere affondare le proprie idee e investimenti mentre si cerca di navigarla. E, come spiega Varrone, “così tante volte gli incubatori ed acceleratori, che hanno il compito di facilitare gli startupper, si trovano ad aiutarli nella trafila di documenti da preparare”. Un aiuto, certo, che viene però da degli organismi che in teoria dovrebbero soprattutto aiutare gli startupper a entrare in contatto con grandi imprese, investitori, possibili talenti e così via.
Un’altra grande difficoltà è economica: bisogna trovare i venture capitalist, i fondi statali, prestiti ed altri investimenti. E non è un gioco, soprattutto quando si vuole rimanere al Sud, che fino a qualche tempo fa guardava al contesto startup lombardo come se fosse un alieno. Ma oggi le cose stanno cambiando, d’altronde “Napoli è la terza città e la Campania la quarta regione in Italia per numero di startup”.
Un modo per “fare bene” delle startup però c’è. “Chiaramente non esiste una formula magica per avere successo quando si fa impresa, soprattutto di questo genere – chiarisce Varrone – ma ci sono 5 fattori che sono molto importanti perché una startup funzioni“.
Come già detto, non tutti riescono nell’impresa, chi per un motivo, chi per un altro. Quindi non tutte le startup hanno successo. Ci sono però degli errori più comuni degli altri, come ad esempio le difficoltà nell’avere una visione d’impresa. “Spesso si rimane fermi a schemi più tradizionali, oppure non si ha sufficiente ambizione e ci si limita ad accettare quello che si raggiunge più facilmente”. Ma non solo.
Buona parte degli startupper, infatti, provengono dal mondo accademico, e dunque sono altamente specializzati. Questo vuol dire anche che sono molto concentrati sulla loro offerta, e talvolta non si rendono conto di dovere prima capire se possono trovare (o crearsi) un mercato.
Un ultimo errore – ma non per importanza – è il credere di poter fare impresa senza investire nulla. In molti, infatti, “pensano di potersi affidare unicamente a investimenti pubblici o privati“. Ma non è così. Che sia tramite un prestito o dei risparmi, l’imprenditore deve mettere in conto di dover spendere qualcosa ancor prima che gli altri lo facciano per lui.
Campania Newsteel Srl, con sede a Napoli, è l’incubatore promosso dalla Città della Scienza (Best science-based incubator d’Europa nel 2008) e l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Si occupa sia di startup che di spinoff, connettendole a opportunità di sviluppo. È stato il primo incubatore del Mezzogiorno ad essere stato riconosciuto dal MISE.
Come ogni incubatore, Campania Newsteel scegliere le “proprie” startup con un bando. Chi si affida a loro, dunque, è già un’eccellenza in ambiti particolarmente tecnici, spesso proveniente direttamente dall’ambito accademico. Nonostante ciò, la sua presenza sul territorio ha anche attirato idee esterne al contesto universitario.