L’assioma si manifesta in tutta la sua purezza e nessuno può dubitare del comportamento genuino, semplice e onesto dei “nostri” ragazzi.
Sovente i media, attraverso la nuda cronaca, ci rappresentano sino all’accesso i “nostri” ragazzi come se fossero inclini al disprezzo delle regole.
Non è affatto così! Da quasi un decennio mi nutro dell’odore dei banchi di scuola; mi cibo della loro spontaneità, della loro sete di sapere e di conoscere.
E lo fanno senza pregiudizio alcuno, col candore della loro età, ma con la criticità del senza se e senza ma.
Sono veri! Quando racconto di mafia, dai loro occhi fissi e sgranati e dai loro silenzi, noto lo splendore della migliore gioventù. Altro che bulli.
Colgo, attraverso i loro ragionamenti il paradigma di una società coesa che ha bisogno di vivere in legalità.
Sarò un romantico sognatore, ma conto molto su loro e sempre dico che non sono il futuro, ma il presente e che possono e devono colmare il deficit lasciatoci in eredità dai nostri padri.
Spiego loro che l’architrave su cui si fonda una società giusta sono in primis diritti e dovere, conditi dal rispetto verso chi dissente da opinioni diversi, e di non farsi condizionare da pregiudizi per il colore della pelle o professa una religione diversa.
Opinare sì ma mai avere la presunzione di essere migliore di altri o di essere il centro del mondo.
Un altro aspetto a cui spesso faccio ferimento è l’onestà: parola tanto dimenticata il cui significato sembra essersi perso nella notte dei tempi.
E cito una metafora: “Le scorciatoie portano ai dirupi, mentre le strade tortuose portano sempre a mete meravigliose”.
Vi posso garantire che i ragazzi apprezzano il distinguo e nell’occorso non mi sottraggo di raccontare dei “traditori” ovvero coloro – miei colleghi – che per denaro o favori si sono venduti alla mafia.
Quando si parla ai ragazzi, occorre dire tutta la verità, anche se talvolta amara.