- Gli acceleratori di startup si occupano di portare le imprese al successo
- Il Sud è indietro per servizi d’impresa rispetto al resto d’Italia
- Diversi progetti meridionali cercano di essere non convenzionali
Chi ben comincia è a metà dell’opera, ma nel caso delle start up dopo il periodo di incubazione c’è bisogno anche di uno “sprint”. È qui che entrano in gioco gli acceleratori d’impresa. Per questo, nonostante le difficoltà del territorio, anche le imprese innovative del Sud Italia possono essere supportate da progetti come quello di Cyber Xcelerator, per il quale ci si può iscrivere entro l’8 ottobre.
Cosa sono gli acceleratori di startup
Le regole sono semplici: un acceleratore si occupa di startup già avviate. Subentra quindi agli incubatori, la cui attenzione è concentrata infatti sui passi iniziali. Un business model definito, dei dipendenti e magari il primo fatturato in attivo sono requisiti fondamentali per l’accesso ai programmi di accelerazione. Ma non solo.
Gli acceleratori offrono servizi di supporto nel raggiungimento di obiettivi a breve termine e nella ricerca di investitori, comportandosi da business angels. Tutto questo solitamente in cambio di equity.
Calabria, “eccellenza in cyber security”
Il Sud e le isole hanno solo circa 40 incubatori ed acceleratori, il 19% del totale italiano. Lo dice il Social Innovation Monitor. In coda la Calabria, che ha la minore densità di progetti per chilometro quadrato. In pieno spirito imprenditoriale, però, questo dato è stato visto come un’opportunità dall’università della Calabria, che è tra le promotrici di Cyber Xcelerator.
“Cosenza è un’area di eccellenza in ambito Cyber Security“: così è scritto sul sito del progetto. Nella città si trovano – appunto – l’università della Calabria (con il suo incubatore TechNest) ed NTT Data, che si occupa di ricerca e sviluppo nell’ambito della sicurezza informatica. L’obiettivo finale dell’acceleratore è quello di attirare startup nel territorio calabrese e fornire supporto su 8 tematiche nel corso di 22 settimane. Più di 200 mentor internazionali e fino a 250mila euro di investimenti successivi.
Altri progetti di accelerazione di startup sono stati pensati per Vibo Marina, dove al posto dell’ex Italcementi sorgerà (secondo i piani) un polo tecnologico.
Il successo degli acceleratori startup in Campania
Ben diversa la situazione in Campania. A Napoli, infatti, si può trovare SeedUp, un acceleratore in attività ormai dal 2015. Al momento stanno seguendo 10 nuove startup, e regolarmente attivano contest e corsi per neoimprenditori.
Ancora più convinto lo sforzo di NAStartUp, che si basa sull’idea della sharing economy, tematica cara per tradizione e cultura alla popolazione napoletana. “Un acceleratore di community e un evento mensile migrante”, recita il sito. Oggi gli incontri si svolgono online, coinvolgendo così un pubblico più grande.
Sempre sulla scia della non convenzionalità nasce anche il Centro per l’Artigianato Digitale di Cava de’ Tirreni, gestito da Medaarch e che ogni anno fornisce a 12 botteghe di arte e mestieri l’occasione di fare “un’esperienza unica di aggiornamento e sperimentazione sulle nuove tecnologie di fabbricazione, e le nuove opportunità che il digitale offre all’artigianato e alla manifattura attraverso l’unione di saperi tradizionali con nuove tecnologie”.
Giffoni Innovation Hub, una sorta di spin-off del film festival campano, si impegna invece a “supportare l’ecosistema nazionale dell’innovazione, con un focus specifico su media, educazione e intrattenimento e su progetti rivolti al target kids&teens”.
Puglia, l’acceleratore che spiega le startup a scuola
Un “boost” si può trovare anche in Puglia. Un caso è quello di Puglia Startup, associazione che offre servizi personalizzati di supporto e mentoring per chi ha un progetto innovativo. Tra i servizi anche Startup a scuola, nel corso del quale gli studenti sono coinvolti nello sviluppo di proprie idee imprenditoriali. Le scuole si possono candidare sul sito dell’acceleratore.
Il Bravo Innovation Hub di Invitalia offre invece un servizio di accelerazione imprenditoriale nel settecentesco Palazzo Guerrieri di Brindisi, anche se si può scegliere di partecipare al percorso anche in modalità mista o virtuale. Altri progetti, invece, propongono consulenze meno strutturate, come nel caso dell’Impact Hub Bari.
Eni in Basilicata affianca gli imprenditori agricoli
È un progetto di Eni Joule, la scuola di Eni per l’impresa, con la collaborazione di ALSIA, PoliHUB e Fondazione Politecnico di Milano. Si chiama “South Up! Agritech e Startup, la Basilicata riparte” e vuole “identificare un modello di successo per l’ecosistema imprenditoriale del Mezzogiorno“. Startup in forma societaria (o che si impegnano a costituirsi entro il 15 ottobre 2021) del contesto di agritech ed agroenergia, quindi, sono accompagnate da esperti del settore in un programma di accelerazione e scouting. In questo modo possono entrare in contatto con aziende agricole lucane potenziali future clienti, così da conoscerne le necessità e le possibilità.
Accelerazioni in Sicilia: l’Etna Valley e la “condivisione”
In Sicilia il boost è fornito principalmente da progetti più grandi, come il caso del nazionale TIM WCAP, che a Catania ha trovato terreno fertile per i suoi servizi di consulenza imprenditoriale. Tra le startup legate WCAP c’è anche Orange Fiber.
Consorzio Arca sostiene l’imprenditorialità attraverso corsi che si svolgono anche all’interno dell’Università di Palermo, e fornisce aiuto e partecipazione attiva a startup e PMI.
Un’altra proposta è invece quella del Parco Scientifico Tecnologico della Sicilia, che ha sviluppato una piattaforma web transfrontaliera di collaborazione, l’Open Innovation Service Lab. Oggi, alcune dinamiche di mercato come la globalizzazione e il cambiamento dei modelli economici, hanno reso svantaggioso il modello tradizionale – spiegano sul sito ufficiale – Non è più necessario internalizzare la ricerca per generare valore, ma la tendenza è quella di fare networking tra player diversi“. Per realizzare il progetto si sono unite le forze di Italia e Malta, finanziate da fondi europei e supportate anche dall’Università di Messina, l’Università Kore di Enna, l’Università di Malta e la società Arkimede. L’accelerazione così in Sicilia nasce dalla libera condivisione, e non solo da corsi e consulenze.
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