Quella che stiamo vedendo in prima serata su Rai1 è la storia di una seconda occasione, quella che di fatto la vita offre a Fausto Morra, padre di famiglia e proprietario di una grande azienda agricola nel Piemonte.
A causa di un incidente, resta in coma per cinque anni. Quando si risveglia è tutto cambiato. Fausto ben presto comprenderà che se vuole indietro la sua vita, dovrà lottare per recuperare la memoria e fare i conti con il suo passato. Abbiamo interpellato Riccardo Donna, regista di questa serie tv e di molte altre che gentilmente ha risposto ad alcune nostre domande.
Chi è Riccardo Donna oggi?
E’ un uomo adulto che è riuscito a costruirsi una buona carriera. Ha avuto anche fortuna in questo mestiere e si è impegnato molto per averla. E’ un regista che conosce bene il mezzo che ha a disposizione, grazie all’esperienza maturata, e che inizia una nuova avventura sempre con lo stesso entusiasmo iniziale. Credo che questo sia la sua forza.
Regista e cantautore. In che modo il cinema si lega alla musica?
Da sempre! Io inizio a girare già con la musica che mi ronza in testa. Cinema e musica sono indissolubili.
Com’è nata la passione per il cinema?
Credo di averla avuta da sempre. E’ una forma di spettacolo che si è sempre più fatta largo nella mia generazione, da sempre rappresenta il modo per dare concretezza ai sogni. E’ un altro modo di scrivere, motivo per il quale mi sento nel mio piccolo anche uno scrittore. E’ una forma espressiva che mi ha catturato da subito; è come se avessi il pieno controllo di quello che stavo facendo, ecco perché ho deciso di non mollare ma di andare avanti.
Regista di alcune della più belle storie che la Rai ci ha raccontato , da “Raccontami” a “Questo piccolo grande amore”, da “Come fai sbagli” a “C’era una volta studio uno”. Come riesci a comprendere se una storia riuscirà ad entrare nel cuore del pubblico?
Se devo essere sincero non riesco a comprenderlo. Innanzitutto un progetto deve piacermi, cerco poi di presentarlo al grande pubblico, sperando di riuscirci.
In queste settimane stiamo vedendo “La strada di casa”. Com’è nata l’idea di fare questa serie tv?
Nasce da un colpo di genio dei due sceneggiatori, quali Francesco Arlanch e Andrea Valagussa che hanno avuto un’idea di partenza fortissima. Da lì, abbiamo costruito un giallo romantico che si sviluppa in sei serate, centrato intorno a un unico personaggio. Questa fiction è il pretesto per raccontare il conflitto che abbiamo dentro di noi sulla verità, una verità che molto spesso è relativa.
Personaggi che si amano ma non dicono mai la verità. Amare non significa dire la verità?
Non sempre, secondo me. Significa anche saper mentire. A volte è meglio una pietosa bugia che una cruda verità. Per quanto riguarda “La strada di casa” invece parliamo di delitti ed ecco che la situazione va affrontata diversamente.
Perché nei ruoli da protagonista ha scelto proprio Alessio Boni, Sergio Rubini e Lucrezia Lante Della Rovere?
Secondo me questi ruoli erano fatti apposta per loro. Devo ammettere che sono bravissimi e per me è stato un onore poterli dirigere.
Il protagonista si risveglia dopo anni in cui la sua vita si è fermata mentre quella dei suoi cari è andata avanti. Cosa significa rinascere per Fausto Morra?
Vuol dire mettersi davanti allo specchio e non riconoscersi.
Qual è la vera strada di casa?
Secondo me, è lo star bene con la propria famiglia senza avere il desiderio di essere altrove.
Cosa vorrebbe arrivasse al pubblico che sta vedendo questa fiction?
Mi piacerebbe comprendesse che è una serie tv diversa dalle altre. Ho lavorato molto affinché non fosse simile alle altre e spero di esserci riuscito.
I suoi prossimi progetti?
Sto girando la seconda stagione di “Non dirlo al mio capo” con Lino Guanciale e Vanessa Incontrada.