Oltre mezzo milione di posti di lavoro nel mondo delle professioni bruciati dalla crisi nel periodo 2008-12. E’ quanto emerge da uno studio sulle professioni condotto da Istat e Isfol, secondo cui i più colpiti sono stati artigiani e operai specializzati con la perdita di 555 mila occupati.
Ma anche ‘‘il grande gruppo” che comprende dirigenti ed imprenditori ha visto un netto calo dell’occupazione con 449 mila unità in meno, pari a -42,6%, di cui quasi 100 mila nell’ultimo anno. Nel 2012, rileva lo studio, la contrazione di questo gruppo professionale ha interessato quasi esclusivamente gli imprenditori e direttori di grandi (-54 mila unità) e piccole imprese (-40 mila unità).
In crescita invece le professioni impegnate in attività elementari, sia di produzione che di servizio, con un aumento di 358 mila unità. Dall’indagine emerge inoltre che c’e’ poca innovazione tecnologica nel sistema produttivo italiano. Infatti ”il cambiamento nelle modalità di svolgimento del lavoro è stato sperimentato soltanto da poco più di una professione su quattro”, il 26,1% del totale delle professioni. ”Tasse, burocrazia, credit crunch e crollo dei consumi interni sono le cause che hanno messo in affanno l’artigianato italiano. Un settore che oggi conta poco meno di 1.380.000 imprese attive che danno lavoro a circa 1.500.000 lavoratori dipendenti”, commenta il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi.
E visto che piove sempre sul bagnato, non si arresta la corsa dei fallimenti aziendali. Secondo i dati del Cerved, nel secondo trimestre di quest’anno ci sono stati 4.241 fallimenti, in aumento del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2013, mentre nei primi sei mesi dell’anno i default hanno raggiunto quota 8.120 (+10,5%), record assoluto dall’inizio della serie storica risalente al 2001. Lo studio del Cerved, società quotata e specializzata nell’analisi del rischio di credito, mostra come i fallimenti riguardino indistintamente tutta la penisola: i tassi di crescita sono ovunque a doppia cifra ad eccezione del Nord Est, in cui si registra un incremento del 5,5%, il livello più basso di tutto il territorio. In crescita del 14% rispetto al primo semestre 2013 sono invece i fallimenti nel Mezzogiorno e nelle Isole, del 10,7% nel Nord Ovest e del 10,4% nel Centro. ”Il dato di oggi sui fallimenti conferma che la crisi continua a dispiegare i suoi effetti, costringendo molte imprese, che finora hanno resistito, a chiudere”, commenta Confcommercio, sottolineando che le prospettive di ripresa sono ‘‘fragili” ed è ”evidente” che le imprese fronteggiano un quadro economico ”di crisi strutturale”. L’associazione dei commercianti sollecita quindi il governo a mettere le riforme economiche al ”centro’‘ della sua agenda.
Lascia un commento