Non è necessario andare in campagna per trovare gli ulivi di Puglia.
Non c’è città senza e tutt’altro che clandestini. Sono nostri concittadini fra le case, negli orti resistenti al cemento, nei giardini condominiali, nelle ville. Ovunque ci sia un pezzo di terra, c’è un ulivo. Non solo parte del paesaggio, ma parte della nostra vita.
Gli ulivi sono ciò che portiamo negli occhi in ogni angolo di mondo, come un parente lontano. E non c’è piatto senza il pizzico di olio. Non c’è festa senza regalare olio. E il pane, olio e sale non è solo un residuo dei tempi della povertà, ma la ricchezza della civiltà mediterranea, la civiltà dell’olio di fronte alla civiltà dei grassi del Nord. Ulivi contorti e sofferti eppur indistruttibili come le mani dei nostri contadini.
Ecco perché . Una condanna biblica ed epocale.
Eppure forse bisognerà farlo di fronte al flagello della Xylella, questo batterio di peste antica: quella dalla quale si scappava solo bruciando tutto, quella che ha cambiato la storia. Si tratta di vedere quando e quanto tagliare. Si tratta di capire, e forse di convincersi, che sacrificarne una parte può salvare il resto. Nel frattempo ci sta tutto: le ronde per difenderli, i ricorsi al Tar, le piazze della protesta, le vie crucis, le benvenute proposte alternative degli scienziati. E le mille firme di patrioti di Puglia. Ci sta la battaglia del grande Albano Carrisi.
Ma ci dovrà essere anche altro. C’è un nesso fra l’agonia degli ulivi di Puglia e Arrigo Sacchi, l’allenatore di calcio secondo il quale occorre imporre il proprio gioco per vincere, non giocare solo di rimessa. Ciò che invece è avvenuto. E’ passato più di un anno da quando è comparsa la sventura. Si è perso tempo per capire come sia arrivato il contagio, importante per evitare altre Xylella per altre coltivazioni ma non determinante per muoversi.
Se l’Unione europea è sembrata troppo lenta, troppo sommaria e a volte punitiva, gli amministratori locali non sono apparsi fulmini di guerra. Un’attesa come capita al Sud pur in una cultura nazionale che fida nel tempo come provvidenza. Una incertezza su cosa fare dovuta in parte a non sapere che fare, in parte a un modo di fare anzi di non fare. Sia a Roma che a Bari, sia chiaro. Con Roma ovviamente molto più menefreghista di Bari. E mentre la Xylella continuava nel suo sporco lavoro, a far cadere un birillo dopo l’altro, è continuato anche l’inopportuno gioco del cerino: quali mani avrebbe scottato alla fine con una decisione.
Non è stata presa fino alla nomina del commissario, il comandante regionale di quella Guardia forestale che inesorabilmente non aveva né una terapia indiscutibile (che non le spettava) né il potere per imporla a una politica già in campagna elettorale. Si è discusso più dei costi dell’operazione che dell’operazione. E qualcuno sotto sotto ha pensato più ai risarcimenti che agli ulivi. Con responsabilità di quegli agricoltori (per fortuna minoranza) coi quali la Xylella ha trovato fertile terreno: perché da tempo terreno senza cura per l’incuria verso una pianta che, se non dava reddito con un prodotto sempre meno conveniente, poteva assicurarlo comunque con i contributi europei.
Ma è anche vero che l’abbandono è soprattutto figlio della fame. Olio tanto sottopagato da non recuperarci neanche la fatica. Qualità violentata dall’ingresso in Italia della barbarie di oli puzzolenti che solo la complicità delle leggi consente di definire italiani. Magari l’intento criminale di qualcuno che, spazzati senza appello gli ulivi, possano sorgere villaggi. Magari l’occasione per dirottare il turismo dal magico Salento “Sud del Sud dei santi” di Carmelo Bene. Magari il sospetto dell’attrice Guzzanti che evoca complotti internazionali di creazione artificiale del batterio per sostituire il sacro ulivo con altri di laboratorio geneticamente modificati (e affari conseguenti).
Insomma un pasticciaccio brutto un po’ meridionale un po’ antimeridionale. Ora non si sa se il tempo sia scaduto anche per le buone pratiche agricole che hanno preservato altri ulivi nello stesso Salento. Si è più protestato che proposto, pur nella difficoltà della proposta. Una debolezza che il Sud non può consentirsi nella debolezza costituzionale di propri parlamentari abitualmente distratti da altro, nella indifferenza se non ostilità del Paese, nel cinismo spesso sprezzante dell’Europa. Nel timore di pulizia etnica.
Intanto la segnalazione della Xylella anche in Corsica minaccia di evocare scenari secolari di sparizione di intere specie. E non si dimenticano dati mai smentiti secondo i quali i ricavi del commercio mondiale di olio extravergine di oliva adulterato sono maggiori di quelli del traffico di cocaina. Per capire che la partita è grossa. Non perduta, se il meglio Sud di Puglia prevarrà. Je suis ulivo.
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