- Il docente esperto di intelligence affronta la questione della cybersecurity
- I governi dovranno sviluppare due distinte politiche per i cittadini e nelle loro versioni ‘on line’
- Occorre alzare i livelli tecnologici e culturali per difendersi
La sicurezza informatica sarà il tema principale dei prossimi anni anche se chi si occupa di intelligence già da tempo lancia avvertimenti al riguardo. Attacchi hacker come quelli che hanno colpito la Regione Lazio saranno sempre di più all’ordine del giorno e occorre alzare difese sempre più alte contro queste minacce. Lo sa bene Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence e professore ordinario all’Università della Calabria, dove dirige il Master sull’Intelligence, il primo del genere ad essere attivato in Italia, fondato nel 2007 su sollecitazione di Francesco Cossiga. “Ormai il 50% della popolazione mondiale è collegata a Internet ed entro il 2030 lo sarà il 100%: per questo il tema centrale dei prossimi anni sarà la sicurezza informatica e i governi dovranno sviluppare due distinte politiche per i cittadini e nelle loro versioni ‘on line’”.
Professore, nel 2007 è nato questo Master in Intelligence (e a fine mese sarà pubblicato il nuovo bando per l’accesso), quali furono le ragioni?
“Principalmente due: una ragione culturale e una pratica. In primo luogo, i saperi disciplinari, per come è articolata oggi l’Università, sono sempre più insufficienti per comprendere la realtà. Inoltre, come aveva anticipato il sociologo tedesco Ulrich Beck, siamo nella società del rischio e mai come oggi tocchiamo con mano cosa significa. Nel Master si affronta proprio l’analisi del rischio”.
Il tema del rischio torna prepotentemente oggi sotto forma di rischio informatico, ad esempio dopo gli attacchi alla Regione Lazio. Come affrontate la questione?
“Sin dall’inizio, al Master abbiamo affrontato la tematica della sicurezza informatica. Oggi c’è la consapevolezza che Internet è il luogo economico, politico, sociale ed educativo prevalente. Internet condiziona le nostre vite, comportando stravolgimenti profondi. Già anni fa l’Italia era definita “il paradiso degli hacker” e il Dis, il Dipartimento delle informazioni per la Socurezza che coordina l’Aise e l’Aisi, affronta sin dal 2010 la questione della cybersicurezza nella relazione annuale che deposita in Parlamento, mentre la prima regolazione nel nostro Paese è del 2013. Non a caso c’è chi sostiene che in futuro il rating di una Nazione dipenderà dalla propria sicurezza informatica”.
Come ci si difende da questi attacchi?
“Un primo passo è alzare il livello tecnologico, aumentando le barriere sempre più robuste anche se con le tecnologie attuali nessun sistema è sicuro. Poi c’è anche un aspetto culturale: occorre educare le persone all’uso delle tecnologie: dall’adoperare una doppia password all’abitudine di fare copie di backup di ciò che si ha nel pc. E soprattutto, capire che ciò che facciamo su Internet rimane per sempre: da poche decine di nostri post si possono capire preferenze, opinioni, scelte sessuali, consumi economici, preferenze elettorali. A cosa serve postare una foto di una nostra gita, per esempio, ad Agrigento? Solo a fornire informazioni agli algoritmi che ci profilano. Siamo “le volenterose vittime di Internet”.
E come si aumenta il livello culturale?
“Andrebbe spiegato come si usa Internet sin dalle scuole elementari. Karl Popper nel suo saggio “Cattiva maestra televisione” invocava una patente per l’uso della tv. Per Internet sarebbe ancora più necessaria, perché lo smartphone ci accompagna giorno e notte”.
E invece cosa possiamo aspettarci da un punto di vista tecnologico?
“Le tecnologie basate sulla meccanica quantistica promettono di essere più sicure. E in Usa, Cina e Ue si sta investendo molto su queste tecnologie che garantiranno velocità e profondità nel processare le informazioni enormemente superiori alle attuali. Sull’argomento ho pubblicato, insieme a Luigi Rucco, il volume ‘Quantum intelligence. Le nuove frontiere dell’informazione per Stati, aziende e persone’, edito da Rubbettino”.
Gli studenti del Master cosa imparano sulla sicurezza?
“In particolare a interpretare e contestualizzare i dati per usarli in maniera predittiva. Per esempio, in termini di sicurezza potremmo argomentare che in futuro gli attacchi informatici saranno sempre più frequenti e che saranno sempre maggiori gli sforzi dei governanti per rendere sicure le comunicazioni”.
Sempre in tema di sicurezza, qual è l’altra questione che preoccupa l’intelligence?
“Secondo me, senz’altro il disagio sociale, oggi declinato anche in maniera digitale. Un fenomeno sicuramente pre-Covid che può compromettere la stabilità delle istituzioni. Un disagio che ha molteplici cause, tra le quali la riduzione di potere d’acquisto dei cittadini nell’Occidente, i fenomeni migratori, la precarizzazioen del lavoro sostituito dall’intelligenza artificiale e, buona ultima, adesso la pandemia. Al momento il fenomeno è contenuto dalla propaganda e dalla disinformazione: nel mio libro ‘Come i pesci nell’acqua: immersi nella disinformazione’ con la prefazione di Luciano Floridi, ho teorizzato, sulla scia di Marshall McLuhan, che così come i pesci non si rendono conto dell’elemento in cui si trovano, cioè l’acqua, anche noi non siamo consapevoli del contesto in cui siamo viviamo: la disinformazione”.
Come funziona la disinformazione?
“Le caratteristiche sono evidenti. Da un lato c’è la dismisura dell’informazione, l’eccesso di notizie. Dall’altro c’è il basso livello sostanziale di istruzione della popolazione. In Italia il 75% non sa interpretare una frase in italiano e il 26,9% è considerato analfabeta funzionale, perché pur sapendo leggere, scrivere e far di conto non sa usare adeguatamente queste abilità di base. E in tale contesto, oltre il 20% sono diplomati e oltre il 4% laureati. Insomma, c’è una diffusa ignoranza di base. E gran parte di questi problemi sono dovuti ai metodi educativi e alle riforme che hanno peggiorato il sistema, probabilmente dla Sessantotto in poi”.
Lo scenario sembra cupo, ci sono elementi di ottimismo?
“Sul fronte della sicurezza c’è certamente più consapevolezza di prima. Ci sono aziende molto avanzate nel settore informatico e operatori pubblici di grande valore che si occupano di sicurezza. Il problema centrale è la governance politica che mi sembra ancora largamente inadeguata”.
Lascia un commento