- Per Baglieri, l’amministrazione regionale non ha il personale in grado di assolvere il compito
- In ballo ci sono i 20 miliardi della programmazione Pnnr e 30 miliardi di fondi comunitari
- L’allarme dopo la bocciatura dei 31 progetti irrigui
La Regina è nuda. Anzi, la Regione siciliana è nuda. La gestione del Pnnr, sommata a quelli degli altri Fondi Europei, sembra una missione impossibile da espletare per la burocrazia siciliana. Dopo la vicenda choc dei 31 progetti di irrigazione non ammessi per non aver rispettato le prescrizioni dettate dal Ministero dell’Agricoltura, è arrivato l’allarme/appello lanciato dal vicepresidente e responsabile dell’economia, Gaetano Armao: serve una mano dallo Stato per far sì che la Sicilia non perda queste fonti di finanziamento. Armao ha chiesto allo Stato di mettere a disposizione dell’amministrazione regionale del personale (500 unità), in grado di navigare tra le complicate acque di codici e regolamenti comunitari. L’esercito dei regionali, dunque, non sarebbe in grado di assolvere a questi compiti.
L’allarme di Daniela Baglieri
Che la situazione sia veramente drammatica lo dimostra l’ennesima presa di posizione da parte di un esponente della giunta siciliana: A parlare, questa volta, è Daniela Baglieri, docente universitaria e assessora a Energia e rifiuti per la Regione siciliana. A un convegno che si è tenuto nei giorni scorsi a Gela, Baglieri ha “confessato” che il capitale umano della Regione non è assolutamente all’altezza del compito. Per l’assessora, l’esercito dei regionali si è depauperato, a causa dei pensionamenti. Il profiling del dipendente regionale tracciato da Baglieri non lascia tante speranze: “Non abbiamo giovani, l’età media è molto elevata, quindi c’è un problema di competenze”.
A rischio 50 miliardi di euro
In ballo ci sono non soltanto i 20 miliardi di euro e spiccioli che sarebbe dovuti arrivare alla Sicilia grazie al Pnnr, ma anche i 30 miliardi della Programmazione europea 21-27. Senza una corretta gestione di quei 50 miliardi la Sicilia è destinata ad andare ko.
Baglieri ha anche indicato quale sarà il prossimo settore a mostrare criticità nella gestione del Pnnr: quello dell’Acqua. “Ogni società – ha detto Baglieri – si deve dotare di un Piano d’ambito e deve scegliere un gestore unico. Il governo Musumeci ha dovuto ricorrere ai commissari ad acta, finanziare i piani d’ambito, e alcune di queste società non avevano nemmeno le condizioni minime: erano solo società costituite dal notaio, punto. Non c’erano condizioni di sostenibilità e, ad oggi, non tutti hanno individuato il gestore unico. Quindi non ci sono le condizioni per accedere, ad esempio, alle risorse del PNRR. Gli Enti pubblici locali purtroppo in realtà vanno a prevaricare l’interesse regionale, e addirittura quello nazionale. Gli Enti locali non hanno capacità di avere progetti cantierabili ed esecutivi. E i criteri non sono stati discussi con la Regione”. Una Babele amministrativa a cui nessuno sembra poter porre rimedio.
Cosa c’è in ballo? Il Pnnr per la Sicilia era composto originariamente da tredici linee d’intervento suddivise in 6 missioni operative. Gli investimenti complessivi erano stati stimati in 26,4 miliardi di euro. Da quell’elenco è stata stralciata la voce “Ponte sullo Stretto di Messina”, poiché i progetti del Pnnr vanno conclusi e consegnati entro il 2026.
Dei venti miliardi che restano a disposizione, il 60 per cento degli interventi si potrebbe considerare in relativa sicurezza, poiché si tratta di interventi destinati alle infrastrutture per la mobilità. Su quel fronte – ferrovie e autostrade – si marcia già a ritmo serrato. Le risorse a rischio potenziale sono quelle relative agli altri assi: Palazzo d’Orleans ipotizza di investire 2,93 miliardi per “digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”, 4,3 miliardi per il settore green, 1,3 miliardi per “istruzione, formazione, ricerca e cultura”, 900 milioni per equità di genere e territoriale e, infine, 980 milioni per il sistema Salute. Un tesoro che la Sicilia rischia di gettare al vento.
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