“(Non)Tutti a Mensa 2017” è il titolo dell’ultimo rapporto di Save The Children riguardante il monitoraggio sul servizio di refezione scolastica. L’analisi si focalizza sui 45 comuni capoluoghi di provincia con più di 100.000 abitanti e su di essi si sviluppa un’indagine comparata di diverse variabili come la percentuale di accesso degli alunni al servizio, quella dei costi previsti da bilancio a carico delle famiglie, le tariffe, i criteri di agevolazione ed esenzione, le restrizioni e le eventuali esclusioni dei bambini dal servizio in caso di morosità dei genitori. A patto, però, che la mensa ci sia, cosa a quanto pare per niente scontata visto che, ad oggi, la sua presenza non è garantita in modo uniforme sul territorio: solo in 17 Comuni è disponibile in tutti gli istituti primari e sono tutte a Sud (Reggio Calabria, Siracusa e Palermo) le città in cui la refezione scolastica è presente in un numero di scuole inferiore al 10%.
L’Italia, di fatto, appare divisa in due anche tra i refettori delle mense scolastiche. Emerge, infatti, che le cinque regioni italiane con il peggior servizio mensa appartengono tutte al Mezzogiorno: si tratta di Sicilia, Puglia, Molise, Campania e Calabria.
Il rapporto di Save The Children, non a caso, oltre a riportare i dati MIUR sulla percentuale di alunni che frequentano la mensa – che anche quest’anno confermano, appunto, un’altissima percentuale di studenti che non usufruiscono della mensa al Sud, con picchi in Sicilia (80,04%), Puglia (73,10%), Molise (69,34%), Campania (64,58%) e Calabria (63,11%) – chiede ai comuni di fornire tale percentuale in relazione ai propri territori.
I dati rilevati confermano il ranking nazionale. In ben 8 regioni italiane (le sopraccitate regioni meridionali, a cui vanno aggiunte Abruzzo, Marche e Umbria) più del 50% degli alunni, 1 bambino su 2, non ha la possibilità di usufruire del servizio mensa. Sono il Piemonte e la Liguria a primeggiare con una percentuale inferiore al 30% dei bambini che non usufruiscono della mensa.
Sempre nelle cinque regioni del Sud in cima alla classifica per percentuale di alunni senza servizio mensa, sulla base della forte associazione tra l’assenza della mensa stessa e la dispersione scolastica, emerge l’inquietante tasso più alto di ragazzi che non completano gli studi. La mensa, come riconosciuto anche nel IV° Piano Nazionale Infanzia, quando associata al tempo pieno, diviene un forte strumento di contrasto alla dispersione e alla povertà. Nelle medesime regioni meridionali spiccano, infatti, anche le percentuali più alte relative alle classi senza tempo pieno.
Nel rapporto di Save the Children si affrontano, oltre alla raccolta dei dati finora riportati, i temi della lotta alla malnutrizione e dell’importanza della mensa in termini di sani stili di vita, ma si parla anche di aspetti legati al luogo fisico in cui essa si svolge: il dato nazionale ci riporta una situazione allarmante se si considera che il locale della mensa manca nel 23% delle scuole che erogano il servizio di ristorazione. In questi casi, i bambini sono costretti a mangiare in classe o in aule adibite a tale scopo e, sempre più spesso, portano da casa le posate e i piatti.
In fatto di agevolazioni e tariffe, ogni regione fa a modo suo: un quarto dei Comuni, addirittura, non prevede l’esenzione totale dal pagamento della retta né per reddito, né per composizione del nucleo familiare, né per motivi di carattere sociale. Un paragrafo, poi, è dedicato all’analisi del problema dell’esclusione dal pasto per i figli dei genitori morosi: 9 Comuni su 44 non permettono l’accesso alla mensa agli alunni i cui genitori sono in ritardo con il pagamento delle rette, con relativa ricaduta diretta delle conseguenze sui bambini.
“A scuola di mio figlio molti bambini mangiano il panino portato da casa, per questo vengono creati degli spazi ad hoc dove poter consumare il panino lontano dagli altri che mangiano il pasto proposto dalla scuola”. Questa è una delle tante testimonianze raccolte nel rapporto, da cui è facile comprendere che, pesando sempre più i costi sulle spalle delle famiglie, queste ultime finiscono con l’optare per panino e “schiscetta” da casa.