Il Recovery fund non si ferma a Eboli. Per quei soldi della Ue, il presidente della Basilicata Vito Bardi aveva picchiato forte i pugni sul tavolo. Lo ha fatto, a tempo debito, in polemica col governo nazionale, all’epoca in versione Conte Bis. Bardi aveva lanciato l’allarme di un piano strategico nazionale disegnato su misura per il ricco Nord.
Il presidente lucano, in fondo, sosteneva e non senza ragione, che quelle risorse del Recovery fund si sarebbe ampliata la forbice tra il Sud e il resto del Paese. Così, un po’ per provocazione, un po’ perche la Basilicata ha veramente bisogno di danari e progetti, la prima versione del piano regionale strategico “made in Lucania” per accedere ai fondi del Pnnr era stato modulato nella versione monstre da 13 miliardi di euro.
Terra splendida che coniuga antiche vestigia del passato con paesaggi che vanno dalla montagna alla costa, la Basilicata si trova al bivio. Il Covid ha colpito duro anche qui, con una significativa contrazione di un Pil già asfittico. Anche la Basilicata è una terra “vittima” del sogno industriale “automotive”. Alla voce “stabilimento di Melfi”, sembra di rivedere il copione di quel film già visto a Termini Imerese, in Sicilia.
Mesi di concertazione e dibattiti ed alla fine la giunta regionale della Basilicata ha puntato sul concreto. Il documento inviato alla Conferenza delle Regioni – che ha operato come di camera di compensazione tra Palazzo Chigi e gli enti locali per raccogliere i piani strategici da inserire nel Pnnr – ha un volume di fuoco ridotto della metà. La Basilicata, quindi, ha candidato al Pnnr un elenco di azioni per un valore di oltre 9 miliardi di euro.
La scelta politica è stata quella di coniugare la tradizione con lo sviluppo hi-tech. Per la Basilicata, come per la gran parte delle regioni meridionali, il Piano Nazionale di ripresa e resilienza, rappresenta forse l’ultima opportunità per cogliere obiettivi importanti come la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, la fibra ottica e il 5G, il rafforzamento dell’istruzione e della sanità, lo sviluppo delle infrastrutture, del sistema produttivo, la tutela e l’uso sostenibile del territorio, il potenziamento del settore agroalimentare, industriale e turistico/culturale.
Il documento della Giunta regionale guidata da Vito Bardi ha suddiviso le proposte per il Pnnr in sei missioni operative:
Sul fronte della mobilità, la Basilicata chiede di essere sostanzialmente reintegrata nel circuito nazionale delle rete ferroviaria. Ancora oggi, c’è una città, è il caso di Matera, ancora scollegata dalla linea ferroviaria nazionale. E’ l’unico capoluogo italiano in questa condizione. E che dire della rete stradale e autostradale? Sicuramente non un buon biglietto da visita per una regione che vuole fare della tutela dell’ambiente e della sinergia tra agroalimentare e turismo le chiavi per il suo rilancio.
Altro asset importante per la Basilicata è lo sviluppo delle reti irrigue. E’ lo stesso presidente Bardi ad affermarlo nella nota di presentazione del piano: “il volume di risorse che dovrebbero dunque affluire, per quanto non ancora chiaramente definito, potrebbe essere tale da consentire alla Regione non solo di riaprire la questione del completamento dei cicli infrastrutturali del passato (quali le infrastrutture irrigue) ma anche di progettare, ed avviare l’attuazione — di una nuova trama infrastrutturale incardinata sull’intreccio delle preesistenti reti fluviali nord-sud con nuove reti est — ovest, superando così anche la condizione di separatezza delle due principali città lucane Potenza e Matera”.
La Basilicata punta anche a diventare una piattaforma green. Entro l’anno prossimo, a Melfi, dovrebbe essere realizzata, da parte del Gruppo multinazionale Wärtsilä, una centrale di gas naturale. Quell’investimento privato è il tassello di una precisa strategia politica che punta a creare nella regione uno dei nove hub energetici previsti nell’ambito del Piano nazionale ripresa e resilienza. L’hub si dovrebbe chiamare “Centro Nazionale di Alta Tecnologia Ambiente ed Energia” e avrebbe il compito di coniugare la ricerca scientifica con la ricerca applicata”, soprattutto con interventi legati alle tecnologie dell’idrogeno.