Chissà per quanto tempo ancora resteranno lì, con il loro carico di veleni e percolato, le cosiddette “ecoballe” di Taverna del Re, a Giugliano, che di “eco” non hanno proprio nulla. È del 2010 la legge (la numero 26) che prevedeva che finissero in un inceneritore per essere definitivamente bruciate, per chiudere una delle pagine più drammatiche dello scandalo dei rifiuti in Campania. Dopo tre anni, non si è mosso nulla. O quasi.
La regione Campania, solo nel 2012, ha nominato un commissario per la realizzazione dell’impianto. La patata bollente è così finita nelle mani del preside della Facoltà di Ingegneria Partenope, Alberto Carotenuto. Che si è messo subito a studiare il dossier e si è reso conto, probabilmente, di essersi infilato in un vero e proprio labirinto, un groviglio pieno di insidie e di ostacoli. A cominciare dalla proprietà delle ecoballe depositate fra il 2001 e il 2006. “La persistenza di elementi di ambiguità su tali proprietà ha indotto il commissario ha richiedere formale parere all’Avvocatura distrettuale dello Stato (con nota n. 16 del 22 maggio 2012)”, si legge nel documento conclusivo della commissione parlamentare che ha indagato sul ciclo dei rifiuti in Campania.
Carotenuto, poi, ha dovuto fare i conti con la magistratura che aveva sequestrato circa il 50% delle ecoballe e che solo qualche mese fa, proprio su sua istanza, ha sbloccato una parte delle “piramidi di spazzatura” per consentire una prima ricognizione sui materiali nascosti sotto i teloni blu. Un’azione preliminare per mettere a punto il vero e proprio piano di smaltimento e procedere con il bando di gara.
C’è poi il grande problema della localizzazione del nuovo impianto. In origine la legge aveva lasciato una certa libertà di scelta, indicando come sede dell’inceneritore Giugliano e Villa Literno.
Ma le cose si sono subito complicate. Prima lo scontro fra i sindaci, poi le riserve della popolazione, le proteste degli ambientalisti, infine, le opposizioni dei partiti locali. Un complesso gioco di veti incrociati che, alla fine, si è risolto forse con l’opzione peggiore: la realizzazione dell’impianto proprio a Giugliano, il secondo mercato ortofrutticolo italiano ma soprattutto uno dei territori campani più avvelenati dalle discariche abusive e dallo smaltimento illegale dei rifiuti tossici gestiti dalla camorra. La partita, per la verità, non è ancora chiusa, anche perché nel frattempo Villa Literno ha individuato un sito dove poter ospitare l’impianto in una delle sue aree industriali. Ma la disputa rischia di generare altri ritardi su un percorso ancora tutto ad ostacoli. I bandi di gara per la realizzazione dell’opera avrebbero dovuto partire questo mese.
Ma, finora, se ne sono perse le tracce. Del resto, il meccanismo messo in piedi per la realizzazione dell’opera, considerata la scarsità delle risorse pubbliche, prevede il ricorso ai capitali privati e al project financing. Ma come può un’impresa fare un investimento di questo tipo senza avere né la certezza sul luogo dove sorgerà l’impianto né sui suoi eventuali ritorni. Insomma, chi pagherà il conto?
La domanda non è affatto banale dal momento che la Campania ha già la tassa dei rifiuti più alta d’Europa, ogni contribuente deve pagare fra i 600 e gli 800 euro all’anno per un appartamento di 100 metri quadri.
Ipotizzare ulteriori rincari per fare fronte alle spese previste per la realizzazione del nuovo inceneritore (e alla sua gestione) fa solo tremare le vene ai polsi. Senza considerare, poi, l’ennesima lite sull’uso del nuovo impianto: utilizzarlo solo per le ecoballe o anche per gli altri rifiuti prodotti nella regione. Mentre si litiga e si combatte a colpi di carta bollate restano solo due considerazioni da fare. La prima: se anche i lavori partissero oggi, l’inceneritore potrebbe marciare a regime solo fra tre anni, nel 2017. Ma già questo sarebbe un miracolo.
La seconda: solo per tenere a Taverna del Re le Ecoballe i contribuenti pagano, ogni anno, un fitto di 1,6 milioni di euro.
E, sulla reale proprietà dei terreni, i magistrati da tempo nutrono più di un sospetto. La conclusione è amara: Giugliano continuerà ad essere per molto tempo la capitale dei veleni. Con la buona pace di quella che, una volta, era una delle aree più fertili della regione, famosa per l’asprinio e le mele annurche, oltre che per essere il secondo mercato ortofrutticolo italiano.
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