Ponte sullo Stretto di Messina: la grande incognita. Per chi crede nel Sud e nel suo sviluppo, le parole del Ministro Enrico Giovannini sono la classica doccia fredda. Parole che spiegano come il governo nazionale non abbia ancora preso nessuna decisione sul futuro del Ponte sullo Stretto. Eppure soltanto qualche giorno fa, l’autorevole quotidiano “Il Mattino” titolava sul via libera del Ministero all’opera di collegamento tra Sicilia e Calabria, riportando proprio un colloquio con il responsabile del Dicastero delle Infrastrutture.
A stretto giro di posta è arrivata la smentita. Che è ben più di una richiesta di rettifica, poiché suona come la decisione di rinviare sine die, ogni decisione sul destino del Ponte. Il testo diffuso dal Ministero è questo, riga più, riga meno: «Come riporta correttamente il testo del colloquio con il ministro – il Governo, seguendo le indicazioni del Parlamento, avvia uno studio di fattibilità per valutare le diverse opzioni relativamente all’attraversamento stabile dello stretto di Messina (ponte a una campata, ponte a più campate e la cosiddetta ‘opzione zerò). Al termine dello studio, si avvierà un dibattito pubblico per valutare le decisioni da assumere».
Non è una bocciatura, ma è come aver scaraventato la palla in tribuna. Prima di tutto perché il ponte sullo Stretto di Messina è la cenerentola delle incompiute. Se ne parla da oltre cinquanta anni e per non farlo – si, per non farlo!- l’Erario ha già speso un miliardo di euro. A tanto ammontano le spese effettuata tra il 1981 e il 2013 dalla società concessionaria, spese certificate dalla Corte dei Conti, sul ponte dei desideri.
Rinviare, poi, a un “dibattito pubblico” ogni decisione, significa prendere in giro l’intero Meridione. Il dibattito sul Ponte è aperto da oltre mezzo secolo. La decisione non può essere presa dall’opinione pubblica, ma semplicemente dalla politica e dal governo che sta traghettando l’Italia verso la ricostruzione post covid.
Negli ultimi mesi sembrava si fossero aperti degli spiragli. L’opera era stata esclusa dal Pnnr con una valida giustificazione: tutte le opere del Pnnr devono essere concluse e rendicontate entro il 2026. Eppure, proprio dalla maggioranza di governo che sostiene Draghi erano arrivate delle indicazioni nel segno di una volontà politica a favore del Ponte. Era stato il senatore di Italia Viva, Davide Faraone a spiegare cosa ci si sarebbe dovuto attendere dalla politica:
“Sono convinto che alla fine la scelta andrà nella direzione di realizzare il Ponte, credo sia inevitabile – diceva l’esponente di Italia Viva – perché si tratta di un’infrastruttura importante per il nostro Paese. Credo che questa Legislatura sarà quella che avvierà i lavori per la costruzione del Ponte. Il governo Draghi ha il coraggio e la forza politica per far sì che quest’opera si realizzi”.
Nel frattempo, anche il Parlamento aveva compiuto un piccolo passo avanti, con la votazione di un Ordine del giorno che impegnava il governo. Anche il Ministro Giovannini, nel question time al Senato, aveva preso una posizione: “Sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, dopo la trasmissione al Parlamento della relazione finale del gruppo di lavoro tecnico per la valutazione di soluzioni alternative, il governo considera assolutamente fondamentale il confronto con il Parlamento e con le altre istituzioni e la società civile in modo da poter avere l’adozione di una decisione che consenta di rispondere al meglio alla domanda di mobilità da e per la Sicilia”. Sembrava un ok, anche se la parola Ponte non veniva mai citata. Quell’omissione oggi ha un senso politico. Giovannini non l’ha pronunciata perché, ad oggi, una decisione politica non c’è. Anzi, non ci sarà: il Ministro si appella al dibattito pubblico. Non è un de profundis, ma poco ci manca.