Si chiama Galileo ed è la risposta europea al sistema di navigazione satellitare statunitense Gps. Una sfida al mondo che passa per lo spazio e che in Abruzzo, nella sede di Telespazio, nella piana del Fucino, dove mercoledì scorso è stato presentato ufficialmente il progetto, ha la sua base operativa principale.
A raccogliere il segnale dei primi 4 satelliti lanciati nello spazio nel 2011 e nel 2012, c’erano i ministri Maria Chiara Carrozza (Ricerca e Università), Flavio Zanonato (Sviluppo economico), il vicepresidente della commissione europea Industria e Imprenditoria Antonio Tajani e un’ampia platea di imprenditori che, di Galileo, sono i principali destinatari.
“Galileo offre prospettive inimmaginabili alla competitività industriale europea – ha spiegato Tajani – le sue applicazioni sono infinite e starà alla fantasia imprenditoriale sfruttarne le possibilità”.
Qualche esempio di come Galileo sia destinato a cambiare la vita di noi tutti: a Londra è stato testato su un paio di occhiali muniti di microchip che, indossati da un ipovedente, lo hanno guidato per le strade della capitale inglese senza l’ausilio di cane o bastone. La particolarità di Galileo, rispetto al Gps, è infatti la sua estrema precisione, con un margine di errore di pochi centimetri, rispetto all’approssimazione per metri del sistema americano.
Una precisione destinata a crescere esponenzialmente nei prossimi anni: entro il 2014, infatti, i satelliti in orbita saranno 18 ed entro il 2020 ben 30. Già dalla fine del prossimo anno, così, sarà possibile utilizzare Galileo per la gestione dei trasporti (l’incidente di Santiago de Compostela dimostra quanto ce ne sia bisogno), negli applicativi per smartphone e navigatori, nella ricerca e soccorso a persona con il sistema del “forward and return link”. Ma i campi di impiego abbracciano tutti i settori: l’agricoltura, l’industria, la protezione civile e la sicurezza militare, grazie anche al doppio binario (in chiaro e criptato) del segnale ricevuto da Telespazio.
Un investimento da 9 miliardi di euro che permetterà un risparmio di 90 miliardi di euro e che potrà essere sfruttato su un mercato che oggi vale 124 miliardi di euro, ma che nel 2020 secondo la Gsa studies market monitoring and forecasting varrà 224 miliardi di euro.
La sfida europea allo spazio porta un marchio principalmente italiano e non solo nel nome: i primi satelliti sono stati assemblati alla Selenia di Roma e nel Fucino c’è una delle due sedi principali del progetto (l’altra è in Germania).