In via provvisoria la gara per costruire intorno al penitenziario frentano una barriera antirumore è stata vinta da una società di Castellamare di Stabia. E’ la stessa azienda su cui stanno indagando i magistrati dell’antimafia di Firenze che sospettano legami con un clan camorristico. La ditta fa parte del gruppo imprenditoriale della famiglia Vuolo. L’assegnazione dell’appalto si è svolta secondo criteri di regolarità, ma il Provveditorato dopo essere venuto a conoscenza dei presunti legami con la criminalità organizzata ne ha subordinato l’ufficializzazione all’esito di alcune richieste fatte alla Procura di Napoli e Benevento.
Ancora una volta il Basso Molise rischia di finire nell’occhio del ciclone per una vicenda che chiama in causa storie di camorra.Non siamo nelle terre di ‘Gomorra’, dove il sangue continua a scorrere e gli affari buoni son solo quelli sporchi. Viviamo in un piccolo fazzoletto di terra dove gli affari, quelli veri, dovrebbero essere fatti alla luce del sole. In piena regola. O quasi. Eppure non è la prima volta che le terre di Francesco Jovine devono fare i conti con il lezzo della criminalità organizzata, e il percolato di discarica sversato nel depuratore consortile di Termoli da società vicine ai clan è solo un esempio. Stavolta vittima dei presunti affari della criminalità organizzata sarebbe la Casa Circondariale di Larino.
Tutto comincia lo scorso 15 settembre, quando il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche di Campania e Molise (che dipende direttamente dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) indice un bando di gara a evidenza pubblica per affidare i lavori di recinzione del penitenziario di contrada Monte Arcano, a Larino. Si tratta di innalzare delle paratie intorno al penitenziario in modo da eliminare i cosiddetti “fenomeni di inquinamento acustico”. Alla gara, i cui termini per la presentazione delle offerte scadevano lo scorso 17 ottobre, partecipano 27 ditte. L’ importo complessivo dell’intervento è di 937.630,66 euro, la base d’asta di 907mila euro e rotti.
Una volta ricevute le 27 proposte, la mattina del 30 ottobre nella sede di Campobasso del Provveditorato per le Opere Pubbliche il presidente della commissione che deve valutare le offerte i gara, Gaetano Antonio Pellegrino, con l’assistenza di Rossana Caruso (Sostituto Ufficiale Rogante) e alla presenza di testimoni richiesti a norma di legge, dichiara che ad aggiudicarsi i lavori per la progettazione e l’esecuzione dei alla Casa Circondariale di Larino è, seppur in via provvisoria, l’ ATI P.T.A.M. Costruzioni s.r.l. di Castellamare di Stabia, provincia di Napoli.
La ditta in questione, viene specificato, è riuscita a spuntarla sulla concorrenza proponendo il prezzo più basso: in pratica si è detta disposta a prendere in appalto i lavori per un costo inferiore del 28 per cento rispetto alla base d’asta, e quindi per un prezzo complessivo netto di 682.151,09 euro. Non c’è che dire: un bel risparmio per il Ministero che recupera trecentomila euro circa rispetto a quelli messi in conto. Non ci sarebbe nulla di anomalo se non fosse per le ombrnascondono dietro la proprietà della P.T.A.M. Costruzioni Srl e il suo attuale amministratore unico.
P.T.A.M. Costruzioni Srl
P.T.A.M. sta per Pasquale, Taddeo, Antonio e Mario. Che di cognome si chiamano tutti Vuolo. Un cognome, e una famiglia già nota alle cronache giudiziarie, poiché le società dei Vuolo sono sotto indagine a nell’ambito di un’inchiesta per i crolli di pensiline e ponti ciclopedonali lungo le autostrade italiane. La Procura fiorentina sta facendo luce su insoliti mutamenti di progetto in corso d’opera e su presunti tentativi di corruzione. Nove persone sono indagate: quattro appartengono ai Vuolo e al loro entourage, altri due sarebbero semplici prestanome, mentre i rimanenti tre sono tecnici e dirigenti della società Autostrade, Pavimental e Sat, queste ultime due appartenenti al gruppo Autostrade. Il 6 dicembre gli uomini della Dia fiorentina, in seguito all’ennesimo crollo – avvenuto il 19 novembre – di alcuni pannelli al casello di Rosignano sulla A12, fa perquisire gli uffici dell’impresa in quanto si sospetta che nella vicenda sia coinvolto anche il clan camorristico D’Alessandro di Castellamare di Stabia, sospettato di fare affari con e attraverso i Vuolo.
Ma torniamo alla P.T.A.M. s.r.l. e ai suoi soci e dirigenti. Pasquale Vuolo, soprannominato ‘capa storta’, fu arrestato nel 2003 per associazione mafiosa con l’aggravante dell’ articolo 7 del codice penale, traffico di armi e estorsione. Venne condannato a 13 anni, fu scarcerato dopo 7 anni ed ora è sottoposto a sorveglianza speciale. Sua moglie, Lucia Coppola, è figlia di Gaetano Coppola detto a ‘cassa mutua’ considerato dagli investigatori campani un punto di riferimento all’interno del clan dei D’Alessandro.
Inoltre, l’amministratore unico della P.T.A.M. è la mamma di Pasquale, Giuseppina Cardone, moglie di Mario Vuolo.
Il legame con il Clan camorristico D’Alessandro
Secondo la Dia di Firenze il legame tra i Vuolo e i D’Alessandro passa attraverso il denaro sporco del clan: «Ingenti capitali di dubbia provenienza e tentativi sistematici di corrompere i rappresentanti degli enti committent». I sospetti della divisione antimafia sono avallati da una sentenza del Consiglio di Stato (la n. 756 del 29 febbraio 2008) con la quale i giudici amministrativi della VI sezione di palazzo Spada hanno respinto il ricorso dcon cui i Vuolo avevano chieto l’annullamento di una sentenza del Tar della Campania aveva decretato che una società della galassia dei Vuolo, la Carpenteria Metallica s.a.s di Davide Cardone (fratello dell’amministratrice unica della P.T.A.M.) non era in possesso dei requisiti per ottenere la certificazione antimafia.
Le toghe del Consiglio di Stato respingendo il ricorso dei Vuolo avevano addirittura rafforzato la tesi dei colleghi campani del Tar evidenziando un legame di parentela tra Lucia Coppola, socia accomandante di Carpenteria Metallica s.a.s, con persone ritenute affiliate a un potente sodalizio criminale operante nell’area di Castellamare; Lucia è figlia di Gaetano Coppola, pregiudicato ritenuto affiliato al clan D’Alessandro ed è sposata al Pasquale Vuolo di cui si è detto prima.
Inoltre, nel verdetto il Consiglio di Stato sottolinea anche che Davide Cardone – segnalato per detenzione e porto illegale d’armi, minaccia e ingiuria, oltre che per violazione di sigilli – è fratello di Giuseppina Cardone, socio accomandante della società “Taddeo e Vuolo”, dichiarata fallita.
I Vuolo e il Molise
La Dia, nel suo ultimo rapporto semestrale del 2012, ha sottolineato «l’influenza del clan D’Alessandro, le cui capacità di infiltrazione nel tessuto economico-amministrativo riverberano in tutta l’area stabiese, fino ai Comuni della penisola sorrentina e anche in altre zone d’Italia». Zone d’Italia in cui si teme che siano entrati a far parte il Molise e il Comune di Larino proprio in conseguenza dell’appalto per i lavori di sistemazione del carcere larinese.
La P.T.A.M.Costruzioni dei Vuolo allo stato attuale è aggiudicataria in via provvisoria dell’appalto e diventa quindi doveroso chiedersi come ciò sia stato possibile.
La dottoressa Caruso, del Provveditorato alle Opere Pubbliche di Campobasso, ci spiega che in realtà, al memento della gara il loro ufficio non era al corrente dei “pregressi” della società dei Vuolo: «Ma subito dopo aver ottenuto informazioni in merito il nostro dirigente (Gaetano Pellegrino) si è recato in Procura e ha segnalato questa situazione anomala».
E in effetti esistono specifiche richieste inoltrate nei primi mesi dell’anno in corso dal Provveditorato alle Procure di Napoli, Benevento e Caserta per il rilascio dell’informativa antimafia.
Tuttavia, rimane ugualmente da capire come sia stato possibile che alla gara abbia partecipato una società priva del certificato antimafia. La dottoressa Caruso risponde: «Nel caso dei lavori al carcere di Larino la soglia comunitaria (importo della base d’asta dell’appalto) non veniva minimamente sfiorata. Infatti le ditte che partecipano a bandi di gara ad evidenza pubblica per lavori fino a 150mila euro possono sostituire l’informativa antimafia con un’autocertificazione. Se invece, come nel caso del carcere di Larino, l’appalto è poco sopra i 600mila euro, basta dichiarare le proprie credenziali morali. L’informativa antimafia diventa obbligatoria nel momento in cui la cifra arriva a toccare e a superare i 5 milioni di euro».
E infatti, nelle richieste fatte dal Provveditorato alle Procure si legge che “La presente richiesta è in deroga per l’entità dell’importo, all’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998, al fine dell’accertamento sulla base della denuncia paventata”.
Un regolamento che ha dell’assurdo e che permette a chiunque di dichiarare il falso e magari aggiudicarsi anche i lavori.
Dal giorno in cui il Provveditorato ha chiesto alle varie Procure i certificati antimafia per la società dei Vuolo sono passati più di 45 giorni. Nonostante ciò nessuna risposta è arrivata. Solo la Procura di Benevento ha inviato una comunicazione di servizio senza entrare nel merito della richiesta pervenuta, annunciando che «a breve saranno fatte tutte le dovute verifiche» e invitando il Provveditorato ad assegnare comunque in maniera definitiva i lavori indipendentemente dalle loro verifiche perché la legge lo consente e perché qualora vi fosse qualcosa di talmente rilevante da invalidare l’assegnazione si può sempre annullare tutto e bloccare i lavori.
«Se volessimo» aggiunge la Caruso «noi oggi potremmo assegnare in via definitiva l’appalto, ma non lo faremo perché vogliamo avere garanzie sui soggetti ai quali consegneremo i lavori». Un’affermazione confortante, visto che affidare i lavori di recinzione presso un carcere ad una ditta sospettata di collusioni con la camorra non sarebbe il massimo dell’immagine del nostro territorio.
Resta una curiosità: chi ha fatto le autodichiarazioni di moralità per la P.T.A.M.? La signora Giuseppina Cardone oppure l’architetto Pino Celotto?
«La signora Giuseppina Cardone» risponde Caruso, aggiungendo che «nulla di compromettente è stato dichiarato». Ovviamente Giuseppina Cardone non dichiara di essere madre di Pasquale Vuolo, né sorella di Davide Cardone.