Le coste italiane in 25 anni sono state “martoriate”, divorate in più parti dal cemento, per far spazio a villaggi, residence, centri commerciali, porti, autostrade, dighe e barriere che ne hanno alterato il profilo. Una visione d’insieme, con fotografie satellitari tratte da Google Earth, è raccolta nell’ultimo dossier del Wwf “Cemento coast-to coast: 25 anni di natura cancellata dalle più pregiate coste italiane”.
Da Nord a Sud dei circa 8.000 chilometri quasi il 10% è alterato dalla presenza di infrastrutture pesanti e nessuna regione costiera è esclusa: le più ‘ferite’ sono Sicilia, Sardegna e soprattutto la costa adriatica, “la più urbanizzata dell’intero bacino Mediterraneo” che rappresenta il 17% del litorale nazionale ma dove meno del 30% dell’area che affaccia sul mare è libero da costruzioni.
Il Wwf segnala “312 macro attività umane che hanno sottratto suolo naturale lungo le nostre ‘amate sponde‘ per far spuntare dal 1988 a oggi “strutture che hanno alterato il paesaggio facendo perdere biodiversità e patrimonio naturale“.
Dalla cava del 2003 della Baia di Sistiana in Friuli occupata poi da un mega villaggio turistico alla Darsena di Castellamare di Stabia in Campania, dall’urbanizzazione della foce del Simeto in Abruzzo al porto turistico ampliato e villaggio turistico sulla foce del Basento in Basilicata sono alcuni casi illustrati in una simbolica foto gallery regione per regione. Persino le aree costiere cosiddette protette non sono state risparmiate. Il Wwf denuncia una “evidente carenza di programmazione” e che “non esiste un ‘custode’ unico ma la gestione è ‘condivisa’ a livelli diversi (Stato, Regioni, Enti locali) con una frammentazione di competenze”.
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