Un aeroporto che potrebbe diventare strategico e servire due città metropolitane nel raggio di pochi chilometri.
Ma che annega nei debiti e nelle liti di quartiere di corto raggio, più simile ad un ufficio di collocamento (e di sottogoverno) che ad un luogo di partenze ed arrivi.
Benvenuti a Reggio Calabria, scalo Tito Minniti gestito dalla Sogas, la società il cui azionista di maggioranza è la provincia reggina. Finito nella bufera più nera nell’ultima settimana con le dimissioni del presidente del Cda, Carlo Alberto Porcino, e di altri due componenti del consiglio di amministrazione.
Tutto questo alla vigilia di un passaggio delicatissimo per il prosieguo della società che gestisce lo scalo: la riunione del 15 ottobre convocata dall’Enac, l’ente nazionale di aviazione civile, che chiede garanzie sul futuro della gestione. Pena la revoca della concessione. E’ qui il nodo dello scalo, utilizzato come un ufficio di collocamento piuttosto che infrastruttura strategica per il territorio. Un personale “che potrebbe bastare per un aeroporto da un milione e mezzo di passeggeri” ha accusato Porcino dando le sue dimissioni mentre lo scalo di Reggio si ferma ad un terzo del traffico (poco più di 300 mila nel corso del 2015 fino ad agosto).
“Uno scalo dove per anni hanno imperato ditte esterne dai costi elevatissimi. Solo nel 2006 a fronte di circa 15 milioni di euro di introiti, sono stati capaci di perdere 6 milioni. Per non parlare poi dei tanti debiti di cui nessuno sa nulla”, per utilizzare ancora le parole di Porcino. Alla fine i sindacati si sono dichiarati favorevoli alla cassa integrazione e dalle parti di Reggio si spera che questo possa convincere l’Enac a mantenere la concessione per la società.
Uno scalo, dunque, che potrebbe essere strategico per due città metropolitane affacciate sullo stesso mare come quella di Reggio Calabria e di Messina ma che non è mai riuscito davvero a creare un sistema unico. Anzi. La provincia di Messina (ex) socio della Sogas è in tribunale per una causa aperta su 400 mila euro che non ha mai versato alle casse della società per una delle ultime ricapitalizzazioni. E pensare che un aeroporto così vicino alla città di Messina potrebbe essere utile per buona parte della provincia peloritana proprio adesso, ad esempio, che una frana ha interrotto il traffico autostradale lungo la A18 l’arteria che collega con Catania (e lo scalo di Fontanarossa).
A costruire un ponte (di intenzioni, almeno) tra le due sponde sono gli industriali della Confindustria di Messina e di Reggio. Che si dicono disposti anche ad intervenire economicamente a sostegno dello scalo ma a patto che la politica faccia un passo indietro. “Ribadiamo ancora una volta l’interesse dell’imprenditoria privata della città a valutare un potenziale investimento in grado di rilanciare il Tito Minniti”, si legge in una nota delle due associazioni degli industriali, “vincolato però alla realizzazione della due diligence richiesta ufficialmente nei mesi scorsi al presidente del cda e al socio di maggioranza”.
Di fronte a una precisa analisi della situazione contabile, economica e finanziaria della Sogas, il mondo industriale di Reggio e Messina non si tirerebbe indietro, “naturalmente a condizione che la futura governance risponda a modelli imprenditoriali e non a logiche partitiche”, viene sottolineato.
“Riteniamo infatti che per una società di gestione aeroportuale occorrano soprattutto competenze imprenditoriali per amministrare con oculatezza le somme investite”, conclude la nota, “storicamente la scelta dei vertici di questa società è stata influenzata dai partiti e piegata alla spartizione di postazioni di sottogoverno”.
Ecco l’aeroporto scambiato per ufficio di collocamento.
Lascia un commento