Dopo il ritrovamento quest’anno del dente di bambino risalente a più di 600 mila anni fa (il più antico reperto umano trovato in Italia) nel giacimento paleolitico di Isernia, in Molise, sono state scoperte in Puglia le più antiche testimonianze dell’uomo moderno in Europa.
Il merito va a un team di ricercatori, guidato da Stefano Benazzi del Dipartimento di Antropologia dell’Università di Vienna, che ha riesaminato due molari scoperti negli anni Sessanta nella Grotta del Cavallo: una cavità carsica che si affaccia sulla Baia di Uluzzo, in Puglia.
Lo studio è stato effettuato con una tecnica di microtomografia computerizzata. Il risultato non ha dato dubbi: i reperti umani appartengono a Homo sapiens e non sono quindi neandertaliani, come si era sempre pensato.
I risultati hanno, inoltre, svelato che i due denti risalgono a 45 mila anni fa e che rappresentano quindi i più antichi resti diHomo sapiens in Europa. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature. Lo studio ha coinvolto 13 università e istituzioni europee.
Nella Grotta del Cavallo sono stati rinvenuti anche alcuni manufatti di tipo “uluzziano”, una cultura primitiva definita “complesso di transizione” che si riferisce a circa 40 mila anni fa, con il passaggio dal Paleolitico Medio al Paleolitico Superiore. Proprio in questo periodo scomparvero in Europa gli uomini di Neanderthal e cominciò la sua avventura l’Homo sapiens. La ricerca effettuata sui denti primitivi, dunque, attribuisce la cultura uluzziana (che prevede alcune innovazioni negli strumenti in osso, negli oggetti ornamentali e decorativi) della Grotta del Cavallo all’Homo Sapiens e non ai Neanderthal. Sono le prime tracce europee del primo uomo moderno.