Gli effetti della crisi sono pesantissimi, molto più che al Centro-Nord: il Sud è così oggi “una terra a rischio desertificazione industriale“, ma anche di una “desertificazione umana“; perché si continua a emigrare, le nascite e il lavoro sono al minimo storico, e c’è sempre più povertà.
In cinque anni le famiglie assolutamente povere sono aumentate di due volte e mezzo, da 443mila ad oltre un milione. Con il rapporto 2014, è ancora più netto l’allarme dello Svimez sul Mezzogiorno che arretra, l’istantanea di un Paese sempre più “spaccato, diviso, diseguale” tra Centro-Nord e Sud: tra disoccupazione, emigrazione, povertà, nascite in caduta libera (180mila nel 2013, indietro al minimo storico di oltre 150 anni fa) si sfalda anche il tessuto sociale, il Sud sarà “interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili“, è “destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni“.
Nella crisi 2008-2013 il Pil del Sud “ha perso il 13,3% contro il 7% del Centro-Nord“. I l divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 10 anni fa, e se nel rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) si guardano le previsioni per il Centro-Nord è attesa una ripresa e per il Mezzogiorno no: per il 2014 è attesa una crescita in Italia dello 0,6%, sintesi del +1,1% al Centro-Nord e del -0,8% al Sud. Così anche i posti di lavoro: +0,2% la stima 2014 per il Centro-Nord, al Sud un -1,2% che se confermato porterà rispetto al 2007 a quasi 800mila posti di lavoro in meno, -12%. Con le tendenze di fine 2013 e inizio anno “al Sud si concentra oltre l’80% delle perdite dei posti di lavoro italiani”. Mentre con i dati 2013 il numero degli occupati del Sud è sceso “per la prima volta nella storia a 5,8 milioni“.
Per Pil pro capite 2013 “nel 2013 la regione più ricca è stata la Valle d’Aosta, con 34.442 euro; Nel Mezzogiorno prima l’Abruzzo (21.845), poi Molise (19.374), Sardegna (18.620), Basilicata (17.006), Puglia (16.512), Campania (16.291), Sicilia (16.152). La regione più povera è la Calabria, con 15.989 euro“. Dallo Svimez anche un indice puntato contro le politiche economiche: “Le manovre pesano di più al Sud“, l’impatto dei 109 miliardi delle manovre dei vari governi dal 2010 ad oggi sarà pari nel 2015 al 9,5% del Pil al Sud contro il 6% del Centro-Nord, colpa soprattutto dei tagli alla spesa, il doppio. Quanto ai fondi per la coesione, “se si riuscissero a spendere tutte le risorse tecnicamente disponibili l’impatto potenziale sul Pil nell’area sarebbe nel 2014 dell’1,3%“; con “34.400 posti di lavoro in più nel 2014 e 82.400 nel 2015“.
Il Governo ha “una strategia precisa per il Sud”, garantisce il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio: “non esiste un problema di disponibilità ma di capacita’ di utilizzo delle risorse. Bisogna concentrarsi su pochi progetti di qualita’ per trasformare alcune disgrazie, e penso ai casi di Gioia Tauro, Bagnoli, Taranto, Termini Imerese, in nostre grandi opportunita. C’e’ solo un modo di superare i problemi: cominciare e avere coraggio“. Di fronte a “una situazione drammatica“, rileva la Cgil con il segretario nazionale Gianna Fracassi, “da soli i fondi non possono bastare: occorre un progetto complessivo che da un lato faccia recuperare efficacia e forza alla spesa ordinaria per investimenti e dall’altro attrezzi un grande piano industriale che faccia del mezzogiorno un punto di forza dell’apparato produttivo italiano“. La Cisl, dice il segretario confederale Luigi Sbarra, avverte che “la situazione occupazionale e sociale è drammatica, esplosiva“: serve “un vero patto sociale sul Sud“.
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