In Italia c’è un percorso che promette un’occupazione dell’80% dopo il completamento, ma è scelto da poche migliaia di studenti l’anno. Si parla degli ITS, Istituti Tecnici Superiori, ovvero quei corsi post-diploma che si basano principalmente sulla didattica laboratoriale e le esperienze pratiche. Oggi il governo ha deciso di riformarli proprio per attirare più giovani in questo canale di crescita professionale. Gli ITS del Sud, 47 dei 118 ITS in tutto lo Stivale, possono allora voler dire più opportunità per il futuro.
Il Pnrr, anche nel caso degli ITS, diventa protagonista di riforme e finanziamenti. Proprio per questo genere di Istituti sono stati infatti stanziati 1,5 miliardi in 5 anni (attraverso il cosiddetto Fondo per l’istruzione tecnologica superiore). Al suo fianco una legge delega che valorizza il legame tra ITS ed imprese, in modo tale da rafforzare la percentuale già significativa di sbocchi occupazionali.
Nel futuro degli ITS si vedono una serie di provvedimenti che saranno fondamentali per ulteriormente rafforzare il loro ruolo nel panorama formativo italiano. Tra questi, ad esempio, le tabelle di corrispondenza dei titoli conseguiti, che dovranno essere stabilite dai ministeri dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca. Ma anche la definizione degli standard di riconoscimento degli ITS Academy e un provvedimento dell’Agenzia delle entrate per favorire l’investimento negli ITS da parte delle aziende.
Insomma, ancora c’è un iter piuttosto impegnativo prima di vedere gli ITS davvero riformati, ma è un percorso iniziato e che vedrà la sua conclusione – ci si augura – nei prossimi mesi.
In questo momento in Italia esistono 118 Istituti Tecnici Superiori, per un totale di 19.626 studenti attualmente iscritti a questi percorsi (dati Indire), una media di 166 per istituto. Numeri relativamente esigui, ma con una relativa crescita nel corso degli anni, tant’è che gli iscritti agli ITS nel 2018 erano soltanto 4.606.
La ripartizione geografica degli ITS italiani è relativamente uniforme. Secondo la tabella di gennaio 2022 pubblicata da Indire, al nord gli ITS sono 48, al centro 20, mentre sud e isole ne contano 47. Di questi, sia nord che sud mostrano una spiccata prevalenza di ITS nell’ambito delle Tecnologie per il Made in Italy, una sezione che include ambiti di studio nel settore agroalimentare, della moda, dei servizi alle imprese, sistema casa e sistema meccanica.
Più marcato l’interesse per il settore dell’efficienza energetica nel Mezzogiorno, dove si trovano 8 ITS dell’ambito a fronte dei 2 e 4 di centro e nord. Degna di nota anche la mobilità sostenibile, con 10 istituti dedicati a sud e isole.
Nello specifico, efficienza energetica e mobilità sostenibile sono settori che trovano spazio in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno. La seconda in particolare in Sicilia, con 3 istituti, seguita poi da Campania e Puglia.
Resta comunque in pole position il macrosettore delle tecnologie per il made in Italy, che per la propria particolarità ed ampio spettro riesce ad attirare l’interesse di un grande numero di regioni e province.
In quest’ambito emergono i numeri della Campania e della Sicilia, con 4 ITS dedicati per ciascuna delle due regioni: nello specifico si tratta di 2 nel settore moda e 2 nella meccanica per la prima e 4 dell’ambito agro-alimentare per la seconda. Si può perciò concludere che nell’isola viene percepita come più urgente l’innovazione nell’ambito agro-alimentare rispetto ad altri settori.
Da notare che, tra le regioni del Sud per numero di ITS, trionfa la Sicilia. Subito dopo la Campania, e segue poi la Calabria. In Sicilia attualmente si contano 730 studenti iscritti ai percorsi attivi, mentre in Campania gli alunni sono 468 e in Calabria 313.
Come riconosciuto dal governo, però, la vera chiave del funzionamento degli ITS sono le convenzioni con le aziende. Chi si iscrive ad un corso del genere, lo fa per potersi inserire nel mondo del lavoro subito dopo, e questo può essere possibile soltanto se viene permessa la creazione di un ponte tra istituti superiori e l’imprenditoria e le sue necessità.
Proprio in relazione a questo emergono le prime contraddizioni del Sud Italia, e soprattutto i rischi del fallimento del progetto degli ITS nel Mezzogiorno. Sulle 2.898 aziende che hanno stabilito delle partnership con il mondo dell’istruzione superiore, 855 si trovano al Sud e nelle isole maggiori.
La loro distribuzione, però, varia rispetto a quanto visto prima. La Sicilia, che conta la maggior parte degli ITS presenti in Sud Italia, conta soltanto il 14% delle aziende partner dell’area geografica (117 imprese). Spicca invece per le sue partnership la Puglia, con ben 281 imprese che hanno voluto dare fiducia agli ITS.
È anche vero che la via prevista dal governo sembra puntare nella direzione della costruzione di nuovi canali di collaborazione tra ITS ed aziende del territorio. Le convenzioni sono fondamentali per garantire che quell’80% di occupati post diploma si mantenga o cresca ulteriormente, e il modo più semplice per favorirle è alleggerire il carico fiscale per le imprese che decidono di stipulare delle partnership con gli istituti superiori.
Certo, questo non basta. Le imprese devono comunque imparare ad avere una certa lungimiranza, e gli ITS a comunicare meglio con loro e il territorio tutto (così da favorire anche l’aumento dei loro studenti). Nonostante ciò, il cambiamento del mondo del lavoro creato dagli ITS sembra possibile. A patto che le tempistiche burocratiche non si allunghino ulteriormente.