Reperti ossei in grande quantità; pezzi di terracotta che lasciano pensare ai resti di un focolare; buchi nel terreno, fatti con grande regolarità, alcuni di forma quasi ellittica, altri circolare, altri più squadrata: nel sottosuolo di Venafro, dove sono stati trovati i resti preistorici di un insediamento umano. Una scoperta eccezionale che potrebbe segnare definitivamente il futuro della nostra regione dal punto di vista storico, culturale e paleontologico.
La notizia trapela da autorevoli fonti. E il Soprintendente ai beni culturale del Molise, il dottor Gino Famiglietti, pur senza rilasciare ancora alcuna dichiarazione ufficiale, ha annunciato una conferenza stampa per martedì prossimo, 21 ottobre, presso l’anfiteatro del Verlascio.
Gli eccezionali reperti, che potrebbero risalire all’età del bronzo sono stati rinvenuti in località ‘Camiciola’, lungo la strada vecchia che costeggia il Volturno, a 300 metri circa dal fiume.
Di preciso, per ora, si apprende solo che si tratta di materiale non sannitico, non romano e non medievale, ma di sicuro preitalico.
I resti umani sono stati inviati al Centro nazionale di ricerche per la prova del Carbonio 14, che permetterà di attribuirvi una datazione certa. Si tratta di uno scavo piuttosto vasto, a due metri dal livello attuale, emerso a seguito dei lavori per la realizzazione di un gasdotto, ovviamente bloccati per motivi di studio. Sul posto si è recato anche l’architetto Franco Valente, che attende con ansia – come il Molise e l’Italia intera – di saperne di più. “Il lavoro dell’archeologo – ha dichiarato lo studioso venafrano – va spiegato giorno dopo giorno. Non bisogna per forza attendere i risultati di uno scavo per divulgarne l’importanza. Queste scoperte costituiscono un volano mediatico e turistico eccezionale, richiamando sul posto studiosi e semplici curiosi. Non hanno, dunque, solo un valore didattico, ma anche economico per l’intero territorio e il suo indotto”.
Per la provincia d’Isernia, in pochi mesi, si tratta della seconda straordinaria scoperta in pochi mesi: l’8 luglio scorso, infatti, fu presentato alla stampa il ritrovamento di un dente di un bambino risalente a circa 600mila anni fa. Si tratta del resto umano più antico d’Italia, ritrovato a Isernia nella scorsa primavera e analizzato scientificamente per mesi, prima dell’ufficialità. Allo stato attuale delle ricerche, rappresenta il più antico resto umano della penisola Italiana. Il ritrovamento è frutto degli scavi condotti in collaborazione tra Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise e l’Università di Ferrara, con la direzione scientifica di Carlo Peretto, professore ordinario del Dipartimento di studi umanistici di Unife, tuttora titolare della concessione di scavo rilasciata dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo.