Quella che voglio raccontarvi non è una storia che ha un lieto fine ma bensì un buon inizio, di quegli inizi che ti fanno ben sperare proprio perché è l’umanità che vince, il bene reciproco che fa la differenza, e la speranza non può che fiorire.
Sono Giuseppe figlio di agricoltori, con Michele mio fratello agronomo, ho coltivato 2 Ha di pomodoro a pochi chilometri da Foggia. Quasi due anni fa ho dato un grosso dispiacere ai miei, mi sono licenziato dal posto fisso a tempo indeterminato (lavoravo in una società di elicotteri, l’Alidaunia) per inseguire un sogno “agricolo”: la costruzione del primo “Hub rurale in Puglia dal nome “VàZapp’ – Coltiviamo idee.”
Loro avevano un progetto su di me che si chiamava sicurezza, ma io ne avevo un altro che si chiama: felicità!
E non sempre sicurezza e felicità vanno insieme a braccetto verso la vita.
Ho distrutto i loro sogni ma ho iniziato a coltivare i miei, e sono sicuro che il raccolto sarà apprezzato anche da loro, perché c’è sempre un buon raccolto quando semini le tue passioni, c’è sempre una terra promessa quando inizi ad incamminarti con spirito di sacrificio verso i tuoi sogni.
Ma torniamo al pomodoro, che bello veder arrivare le piantine, era il 23 Aprile, le attendavamo con ansia, come un amico attende un altro amico che non vede da tempo, come una mamma attende un figlio. “Attendere infinito del verbo amare” diceva don Tonino Bello, eh si, chi ama sa attendere chi ama il proprio lavoro custodisce l’attesa.
Il terreno era pronto le nostre mani morbide dopo il riposo invernale, pronte a sporcarsi nella terra. Abbiamo adagiato insieme ai nostri operai circa 25 mila piante ad ettaro, si fa tutto a mano perché vengono piantate nella pacciamatura, un telo “virtuoso” fatto in amido di mais biodegradabile che preserva il pomodoro dalle erbe infestanti e ne migliora la crescita.
La gioia di quel giorno, il duro lavoro di tanti altri, molte più albe che tramonti, molte più mattinate che nottate ci hanno accompagnato fino al giorno del raccolto.
Primo Agosto si inizia! E’ tempo di raccogliere, l’attesa lascia lo spazio alle mani che estirpano le piante dal terreno per portare i frutti alla tavola.
Un episodio durante il lavoro di quei giorni mi ha donato tanta speranza ed è grazie a questo che poi abbiamo deciso col team di VàZapp’ di lanciare la petizione sul pomodoro che potete sottoscrivere a questo link: http://chn.ge/1PSzh0W
Alla fine di ogni giornata alle 11 del mattino circa, vedevo i nostri operai fare insieme gli ultimi due cassoni. Ho notato questa cosa strana ma ero indaffarato a caricarli sul camion e in quei giorni non ho avuto modo di chiedere il perché, ma la cosa mi piaceva ed era molto curiosa.
Finalmente a fine campagna nel giorno in cui abbiamo pagato i nostri operai, nonostante il prezzo che ci è stato riconosciuto dalle industrie (per saperne di più leggete la petizione) ci permetterà a malapena di recuperare i costi, 4 mesi di lavoro per non guadagnare nulla! Chiedo loro il perché degli ultimi due cassoni e la risposta mi lascia spiazzato: “Con gli ultimi due cassoni paghiamo insieme la benzina per venire qua”. Nei giorni in cui il caporalato è sotto i riflettori vedo una luce che mi dà la certezza che un’altra strada è possibile. Il pomodoro che genera condivisione, aiuto reciproco e dignità non è un sogno ma una concreta realtà. Oggi la petizione ha superato le 30.000 firme, anche il Ministro dell’Agricoltura ci ha twittato la sua disponibilità al confronto, riceviamo tanti messaggi d’incoraggiamento.
Un altro futuro è possibile, l’inizio è buono ma occorre camminare per vedere il lieto fine, lo stiamo facendo consapevoli che non sarà facile ma ci crediamo e questo profumo ci permetterà di camminare.
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